“Quando abbiamo schiacciato l’uva con i piedi è stata la parte che mi è piaciuta di più”. A dirlo è Ambra, dieci anni, della scuola Il cigno, uno dei cinque istituti del circolo didattico statale 33 Risorgimento di Napoli che ha partecipato al progetto didattico Vigna Resilience promosso dall’azienda vinicola Radici Vive, sul territorio dal 1891.
“A me, invece, mettere le etichette” dice Carlos, dieci, anzi, quasi undici anni, precisa. “Perché prima vivevo in un altro paese: il Perù”.
Il prima, era il 2020. Marzo il mese in cui il vigneto fu impiantato. Ma prima ancora Vigna Resilience era solo una delle tante aree verdi napoletane cadute in uno stato di oziosa dissoluzione. Il cancello chiuso, l’erba alta due metri, uno spazio di discarica indisturbato per ogni cosa “dai materassi a materiale non identificato”, dice scherzosamente Vincenzo Varchetta che, insieme alla cugina Cristina, tiene le redini di Radici Vive.
Di angoli così, che la gente vuole solo dimenticare, i due cugini, invece, se ne sono presi in carico, e oggi, a distanza di tre anni, restituiscono alla città di Napoli frammenti di identità a un territorio troppo spesso antropizzato.
A Pianura, nel pieno della periferia del centro cittadino, quasi non si ha la sensazione di vivere accanto a quello che è “un supervulcano nascosto sotto il mare del golfo di Pozzuoli”- rappresentato dai Campi Flegrei – si affretta a dire Matteo, alunno di quinta elementare della scuola Risorgimento.
Estirpare, buttare i rifiuti speciali, bonificare, per poi vedere oggi viti sane di Falanghina, tutte sistemate tra filari ordinati. Questo il progetto portato a termine da Radici Vive.
Tutto reso possibile perché al solito groviglio di voci dissonanti della burocrazia, stavolta ad avere la meglio è stato, invece, un moto sinergico con le istituzioni: il comune di Napoli, la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, le circoscrizioni municipali e gli istituti scolastici. Un moto diventato concime fertile per alimentare anche la riqualificazione urbana.
Ci sono tanti posti a Napoli dove nessuno vuole andare, poi si toglie lo sporco e ti accorgi che un senso di ostinata bellezza è, invece, in ogni angolo. “Mettere in atto progetti per costruire una narrazione del territorio” dice l’Assessore all’istruzione e alle famiglie Maura Striano – come quello di Radici Vive “significa coniugare la possibilità di rendersi consapevoli del territorio in cui si vive e anche della sua vocazione culturale”.
“L’obiettivo è promuovere nuove forme di integrazione e di formazione per i giovani” così spiega Andrea Saggiomo, presidente della Municipalità Pianura Soccavo, ma è anche “finalizzato a creare un legame con il proprio territorio”.
Un territorio, quello in cui sorge la vigna, già segnato dalla fertilità della sua terra vista la presenza di una popolazione sin dall’impero romano come testimonia l’antico mausoleo romano che insiste nel vigneto. È riportato a restauro proprio grazie alla Soprintendenza di Napoli.
Così in questi tre anni è stata Cristina Varchetta che è andata a trovare i bimbi nelle scuole, e ha spiegato loro cos’è una vigna o come si fa il vino, passando per le varie fasi della vendemmia, pigiatura e potatura. E poi è toccato agli insegnanti approfondire, proseguendo l’attività didattica direttamente in vigna.
“E infatti siamo venuti noi a potare le viti quest’anno” – dice Samuele, che sembra maneggiare con una certa sicurezza anche i rudimenti chimici di un processo di fermentazione, e non di meno, poi i suoi compagni nella spiegazione di come si crea una retro etichetta del vino conforme alla normativa europea.
Oggi le prime bottiglie di Falanghina dei Campi Flegrei (in foto nella gallery a fine articolo). Con cinque diverse etichette, tutte colorate e tutte con nomi che ricordano la forza evocativa e vulcanica flegrea: Cuore napoletano falanghina, Meraviglioso Flegreo, Onde di vino, La vite divina e Vinisio. Il vino è stato imbottigliato da poco e sa di consapevolezza, di fare davvero qualcosa di buono per il futuro.