Quando i giornalisti esperti e giurati di Sud Top Wine (qui i loro nomi>) hanno scoperto l’annata del vino che avevano appena assaggiato e che era piaciuto moltissimo, non credevano ai loro occhi. C’è chi si è rigirato la bottiglia tra le mani per capire se era vero, se c’era un trucco, dove stava l’inganno. Niente di tutto questo. Era un Greco di Tufo Riserva, annata 2010 della cantina Di Meo. Quattordici anni e non sentirli. Un bianco elegante all’olfatto, delicato e appagante, salino, dalle tante sfaccettature, complesso e lunghissimo. Lo conferma anche il punteggio: 97/100. Il voto più alto tra i bianchi delle 10 categorie delle 23 complessive in cui è suddiviso il concorso Sud Top Wine (qui tutti i punteggi>). L’artefice di questo prodigio tutto da scoprire e da bere è Roberto Di Meo. Un nome che nel mondo del vino del Sud Italia non ha certo bisogno di presentazioni. Enologo e presidente di Assoenologi in Campania, Roberto Di Meo ha la cantina a Salza Irpina, nel cuore di quella Campania Felix che in tema di bianchi non teme confronti. Il lavoro di Di Meo mette insieme competenza (tanta), territorio (vocatissimo) e un pizzico di follia. È tra i primi ad aver capito l’enorme potenzialità e l’enorme longevità dei bianchi campani.
Questo Greco di Tufo è una Riserva Docg intitolato al papà Vittorio, personaggio visionario e intraprendente in questa Campania un po’ defilata ma che fa parlare di sé in modo molto favorevole proprio grazie ai vini. Le uve di questo Greco di Tufo arrivano da un vigneto a 750 metri di altezza nel territorio di Montefusco. La prima annata è stata la 2007 e qui Di Meo forte di una salda esperienza ha compreso che poteva spingere l’asticella della durata. Grazie a un lavoro certosino sui portainnesti e poi il ruolo delle fecce fini che sono un importantissimo custode del vino se si sanno maneggiare, come lui racconta bene e spiega come sia possibile una tale bevibilità dopo tanto tempo in un vino dove viene aggiunta pocchissima solforosa.
Questo 2010 che ha strappato una standing ovation è quella attualmente in commercio. Ne sono state prodotte 4.500 bottiglie. Allo scaffale di un’enoteca lo trovate a partire dai 70 euro. Il consiglio di Roberto è quello di non berli mai troppo freddi, le sue riserve soffrono le temperature troppo rigide. Quindi, siete avvertiti se vi trovate un vino di Di Meo con tanti anni sulle spalle. Anche col Fiano di Avellino i risultati di quest’azienda sono di livello altissimo. C’è in giro a tal proposito l’Erminia (un vino intitolato alla sorella di Roberto) che è un Fiano Riserva annata 2004. Anche qui una longevità fuori dal comune. L’azienda produce circa 300 mila bottiglie da 50 ettari vitati tra terreni di proprietà in buona parte e terreni in affitto. Tutti sparsi nei territori ad alta vocazione dell’Irpinia: Salza Irpina, Montefusco, Montemarano, Tufo, Santa Paolina, Prata di Principato Ultra e Mirabella Eclano. Dove regnano i tre vitigni autoctoni a bacca bianca che fanno la fortuna di questo territorio. A proposito, se chiedete a Roberto Di Meo di descriverli con un aggettivo, lui ha la risposta pronta. E quindi il Greco di Tufo è potente, la Falanghina è versatile e il Fiano di Avellino è elegante. Premieremo il Greco di Tufo Docg Riserva Vittorio 2010 a Taormina Gourmet come il bianco più buono di Sud Top Wine 2024.