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Vino e dintorni

Il distillato d’uva peruviano che crea tendenza e piace al mondo della mixology: ecco il Pisco

20 Ottobre 2024
Pisco Sour Pisco Sour

Tra un ossimorico boom degli amari dolci, e un (già) declinante boom del gin, ecco spuntare il nuovo trend del mondo Spirits, da dove meno ce lo potremmo aspettare: dal Perù.

Si chiama Pisco,  è made in Perù, (ma anche il Cile ne rivendica la paternità con la sua variante) ed è, udite udite, un distillato d’uva, un’acquavite di uva, o un brandy se siamo fissati con gli anglicismi.

Più antico del Tequila (sempre al maschile, mi raccomando), sconta lo scarso peso culturale e politico del Perù, rispetto al vicino Messico. Il Pisco, nato nell’omonima città costiera peruviana,  sembra destinato, finalmente al riconoscimento globale, quello che si augurano da sempre gli amanti, Pisco Sour, di gran lunga il cocktail più cool che possiate ordinare, in questi tempi incerti, al bancone del vostro bar di fiducia.

Intrinsecamente legato al suo (cruento) passato coloniale, essendo, la vite, tutta la vite, arrivata in Sudamerica sui galeoni europei, insieme ad altre cose meno conviviali, il Pisco nonostante quello che si potrebbe immaginare non subisce (almeno nella versione peruviana) affinamento in botti di legno, acciaio e il vetro delle tipiche botijas sono i materiali che predilige per l’affinamento, rendendolo uno dei pochissimi spiriti in cui è percepibile, davvero, il terroir.

Territorio e varietali, sono gli elementi in evidenza nel Pisco, dato che le cultivar autorizzate del disciplinare della D.O. (Denominaciòn de Origen) in vigore dal 1991, autorizza l’utilizzo di otto diverse cultivar locali, quebranta, mollar, negra criolla, uvina, italia, moscatel, torontel, albillaquebranta, mollar, negra criolla, uvina, italia, moscatel, torontel e albilla, in proporzioni variabili a seconda del gusto e del genio del singolo distillatore. 

Figlio di uve dalla spiccata aromaticità, il Pisco è distillato una volta sola (quindi eliminando le teste e le code), non diluito e affinato in legno o acciaio ed è uno spirito che non può raggiungere gradazioni particolarmente elevate. Da disciplinare infatti i volumi alcolici si attestano tra 38% e il 48% e questo lo rende versatile ed estremamente in linea con il gusto contemporaneo che chiede agli Spirits di meno alcolicità e più gusto e leggerezza. 

Figlio di cultivar diverse tra loro, il mondo del Pisco deve attenersi ad un disciplinare stretto dal punto di vista del processo produttivo. Può però variare dal lato organolettico in virtù, appunto, della varietà delle uve. 

Il Pisco puro infatti viene da un singolo vitigno, mentre se una bottiglia presenta in etichetta la dicitura Acholado siamo di fronte a un blend di diversi tipi di uve, o di Puro diversi blendati dopo singole distillazioni.

Un mondo variegato, territoriale e molto affascinante, quello del Pisco quindi,  e che citando le parole di Gladys Torres Urday, promotrice culturale per il Consejo Regulador Denominacion de Origen: “Il Pisco va bevuto a piccoli baci, perché ha la tenerezza di un bambino, l’immaginazione di una donna, la forza di un uomo”. Un liquore inedito che se non si affida a coloranti per renderne più accattivante la vista, quasi trasparente, e che grazie al breve affinamento in contenitori neutri, si presenta nella sua “nuda” esuberante nitidezza espressiva: secco, intenso, al palato con intensità olfattiva di raro fascino, data dalle cultivar aromatiche, l’intensità di un grappa e la morbida, appagante morbidezza del brendy, credo ce ne sia abbastanza almeno per incuriosire.

 

Fuori i nomi

Per chi vuole avvicinarsi al mondo del Pisco, suggeriamo il 1615 Puro Quebranta, il nome viene dall’anno in cui si attesta la prima produzione di Pisco, l’uva Quebranta è un cultivar autoctono peruviano, quindi, questa bottiglia di Bodega San Nicolas> è quella giusta per iniziare un viaggio nel Perù più autentico.

Per quelli che ne sanno, che vogliono salire di livello, il premium nel Pisco si chiama Dabolada, per un litro di prodotto si utilizzano 7 chili di uva, prende il nome da una danza spirituale andina che rievoca una leggendaria lotta tra angeli e demoni. Proprio come si suppone dal nome che il produttore Machu Pisco ha dato a questa bottiglia dove la quebrata è in un blend segreto con uve di origine italiana, questo Pisco di alta fascia gioca il suo fascino su intensità ed equilibrio, tra olfattiva audace e accattivante e parte gustativa rotonda e meravigliosamente appagante.

Miglior Blend (Acholado): Caravedo>, è un modo interessante per capire le potenzialità della versione non pura di questo blend. Distilleria storica, 1684 l’anno in cui aprì gli alambicchi, uebranta e torontel i cultivar, (una più secca e una più aromatica), affinamento in acciaio, 40% di volumi alcolici, naso di agrumi e spezie bianche, pungente e ricco di fascino, una gustativa in cui ritroviamo il lungo finale agrumeto e citrico, seducente e infinito…

 

Fuori i Cocktail:

El Capitan: due shots di Pisco, 1 shot di Vermouth rosso, 1 dash di angostura, la versione peruviana dello Sweet Manhattan, guarnire con olive in bicchiere ghiacciato.

Pisco Punch: 2 chiodi di garofano, uno shot e mezzo di Pisco, uno di succo di ananas, mezzo shot di succo di arancia, e mezzo shot di succo di limone fresco, 2/3 shot di spumante brut (champagne se siete cool), mezzo shot sciroppo di zucchero. Dopo avere shakerato aggiungete lo Champagne, e sognate!

Pisco Sour: 2 shots di Pisco, 1 di succo di Lime Fresco, mezzo shot di sciroppo di zucchero, 1 bianco d’uovo, qualche goccia di angostura a chiudere, nel bicchiere, ovviamente ghiacciato, buon viaggio!

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