Ultimamente sono sempre di più gli articoli che parlano della diminuzione dei consumi di vino causate da una campagna massiva riguardo gli effetti “discordanti” sulla salute dell’uomo e da una preoccupante presa di distanza dall’abuso di alcolici in generale. Tutto ciò si va a sommare alla perdita del potere di acquisto e al pessimismo dettato dalla situazione geo politica mondiale. L’analisi è senz’alto veritiera ma penso, personalmente, che non sia del tutto esaustiva. Credo, infatti, che la causa del calo dei consumi sia solo in parte determinata da quanto sopra citato e, piuttosto, ritengo che il management delle imprese vitivinicole stia facendo grande fatica a sganciarsi dai vecchi e polverosi concetti dove gli aspetti agronomici ed enologici si pongono in modo severo come elemento rigido nei confronti dei consumatori, i quali sono chiamati ad adeguarsi e ad avvicinarsi al mondo enologico come dei veri professionisti.
Si dimentica però, che il mercato non è fatto da soli sommelier o da riflessivi meditatori. Il mercato attuale è rappresentato in larga misura dalla parte residuale dei Millennials e dalla più contemporanea Generazione-Z. Non si può prescindere, quindi, dall’uso della velocissima comunicazione digitale, con cui questi ultimi comunicano tra loro e con i brand. Al contempo, e non di secondaria importanza, bisogna tenere in considerazione il fatto di non aver dato il giusto peso al radicale cambiamento del loro stile di vita e al loro modo di avvicinarsi al consumo di vino. Oggi più che mai il vino ha bisogno di una sobria narrazione che unita alla contemporanea piacevolezza sappia coinvolgere i giovani consumatori in una nuova esperienza in cui identificarsi. E’ sotto gli occhi di tutti il successo dei “wine rave” e dei “wine party” che si registrano in gran parte del globo. Bisogna far sì che i potenziali consumatori si possano avvicinare al vino in modo diverso e cercare di abbattere le barriere intorno a questo mondo, rompendo i consueti schemi delle classiche degustazioni di vino. Sarebbe più opportuno optare per eventi coinvolgenti e dinamici, ridefinendo quindi il modo in cui la generazione più giovane si avvicina al vino.
Altro aspetto che spesso non si tiene in giusta considerazione è l’ossessiva ricerca della perfezione fisica come cluster identificativo. In un mondo in cui tutto deve essere perfetto, l’attività fisica e le diete alimentari si pongono come antidoto allo stress quotidiano e per sentirsi meglio con sé stessi. Tutto ciò, quindi, ha un peso notevole su ciò che si beve. Pertanto, ritengo sia sbagliato credere di risolvere la questione cercando scorciatoie alquanto discutibili, pensando che il vino possa diventare un prodotto da mixology. Il vino, a mio avviso, rimane e rimarrà sempre un buon alimento gradevole che accompagna del buon cibo e non certo la “bevanda” più idonea per una sbronza, che di salutistico non ha nulla. Altro aspetto non secondario è il cambiamento dello stile alimentare. Basta guardarsi indietro per accorgersi che i sushy restaurants, vegani e vegetariani solo pochi anni fa avevano un peso irrilevante, mentre oggi non sono più da considerarsi un’eccezione modaiola, ma una normale variante alimentare. Pertanto, la progettazione di un vino deve tenere in considerazione questi aspetti e non il contrario. Il comparto agro alimentare è parte integrante del Made in Italy tanto quanto il settore della moda e del Pret-a-Porter. Al suo interno si evidenziano due macro-aree di consumatori: c’è chi cerca di imitare per integrarsi e chi invece vuole differenziarsi.
Due strade corrette che coprono quasi la totalità delle esigenze dei consumatori, in rapporto ai quali le imprese devono porsi obiettivi diversi in funzione della loro struttura e visione imprenditoriale. Mi sovviene una case history di un’azienda vitivinicola siciliana che, agganciandosi allo spregiudicato mondo della moda, è riuscita a crescere di oltre il 30% in un solo anno pur rimanendo ferma sull’aspetto qualitativo agro-enologico, semplicemente implementando e consolidando un linguaggio intimo e diretto tra consumatore e brand. In conclusione, la mia opinione rimane ferma sulla necessità di implementare il concetto di unicità e contemporaneità, guardando con gli occhi di chi dovrà vivere il futuro.
*general manager cantina Brugnano