Non il Lambrusco ma tanti Lambrusco. E questa grande varietà ne fa uno dei principali punti di forza per farlo diventare un vino del futuro. E accanto a questa visione, per il Lambrusco è in arrivo un’importante novità. Dovrebbe essere solo questione di qualche settimana, perché il Comitato Nazionale Vini dovrebbe dare il suo via libera all’inserimento della prima sottozona in una delle sei Doc del Lambrusco. Si tratta di Monte Barello all’interno della Doc Grasparossa di Castelvetro, nelle aree collinari dei comuni di Castelvetro di Modena, Marano sul Panaro, Vignola, Maranello, Fiorano Modenese, Prignano sulla Secchia, Savignano sul Panaro, Spilamberto e Sassuolo. E tutto questo contribuirà ad alzare l’asticella per uno dei vini italiani più famosi al mondo. Ne è convinto Giacomo Savorini, Direttore del Consorzio Tutela Lambrusco e ce ne parla durante una giornata a Palermo: un tour in due tappe di masterclass e winetasting organizzate in Italia. La seconda tappa sarà a Lecce il 4 novembre.
Direttore, perché il Lambrusco è il vino del futuro?
“Anche i più esperti credono che il Lambrusco sia solo uno ma non è così. I dati a livello internazionale ci danno ragione. Molti lo definiscono vino popolare ma solo perché molti popoli bevono Lambrusco e hanno culture, storie, gusti, cucine diverse”.
Che segnali vi arrivano dal mondo?
“Oltre a un calo dei consumi dovuto a un calo generazionale del mondo è indubbio che i vini a basso tasso alcolico avranno una predominanza di consumi”.
Il Lambrusco si posiziona quindi in questa fascia
“Sicuramente può giocare una partita importante”.
Quanti Lambrusco possiamo riconoscere?
“Se li riconduciamo alla normativa sono sei tra Modena e Reggio Emilia, In realtà sono tantissimi, basta prendere il numero di colori e sfaccettature, tecniche e tipologie che abbiamo”.
Quali tipologie, quindi?
“Abbiamo per esempio il rifermentato in bottiglia o l’ancestrale, fino ai metodi classici e Martinotti”.
C’è il ritorno dell’ancestrale?
“Sì, per quei consumatori che hanno interesse di scoprire. Per il produttore è tornare alla tradizione”.
Quali sono i mercati esteri di riferimento?
“Stati Uniti e Canada sono i mercati principali ma tra gli emergenti abbiamo Messico e Brasile”.
Qual è l’obiettivo di questo tour che arriva anche a Palermo?
“Noi abbiamo la sfrontatezza ma anche l’orgoglio di dire con i numeri che il Lambrusco è l’immagine dell’Italia. È assolutamente un made in Italy, quindi vogliamo portarlo qui al Sud perché c’è interesse e lo vediamo”.
Ci sono modifiche del disciplinare in vista?
Ci sono modifiche nelle Doc, in particolare nel Grasparossa di Castelvetro DOC dove nascerà la prima sottozona di tutti i Lambruschi, la Monte Barello: una zona molto ristretta dove sono presenti solo piccole realtà artigianali”.
Ci saranno novità anche per quanto riguarda l’IGT?
“Tutte le bottiglie avranno il contrassegno con la fascetta rossa”.
Ricordiamo che fanno parte del Consorzio 16.600 ettari vitati e 10mila ettari coltivati con vitigni di Lambrusco con una produzione di oltre 170 milioni di bottiglie tra le diverse Doc e Igt. Sono circa 70 le cantine associate.