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Vino e dintorni

Il pericolo dazi si abbatte anche sulla Francia. Ma Oltralpe sono così preoccupati della decisione di Trump?

01 Aprile 2025
La Casa Bianca La Casa Bianca

Francesco Piccat, esperto di Borgogna, analizza l’impatto dei dazi di Trump e i timori dei produttori francesi

“I francesi, così fieri dei loro terroir millenari, non dicono che i loro vini sono in realtà prodotti da 200 anni su radici di viti americane. Hanno mai detto grazie? Chiamerò Macron per riprendere possesso di questi vigneti. Che non provi a sviare la questione”. 

Le parole, diremmo quasi ovviamente in questo periodo, arrivano dal presidente americano Donald Trump, che domani, nel tanto atteso giorno che lui stesso ha definito della “Liberazione”, deciderà i dazi. 

Un problema tanto dibattuto che genererebbe anche Oltralpe danni non da poco. Nel 2024, infatti, l’export francese in valore verso gli Stati Uniti ha generato 2,5 miliardi di dollari, mentre l’Italia segue con 2 miliardi di dollari. Eppure, la percezione è che in Francia stiano sentendo meno il problema. A confermarci questa impressione è Francesco Piccat, analista di mercato dell’ICE a Parigi e grande esperto di Borgogna. 

“I francesi sono molto sicuri delle loro punte di diamante, ma in realtà sono preoccupati per la decisione di Trump, dai ministri ai produttori”. Da un lato, ci racconta, il ministro del commercio Laurent Saint-Martin dice che la Francia non cederà mai alle minacce degli Stati Uniti; dall’altro, Gabriel Picard, presidente della Federazione Francese degli Esportatori di Vino e Liquori (FEVS), parla di catastrofe annunciata. 

E, numeri alla mano, non si può che pensare al danno: nel 2024 il prezzo medio per litro (non per bottiglia) di vino francese è stato di 11,87 dollari, contro i 7 dollari del vino italiano, complici sicuramente le regioni di riferimento come la Borgogna e la Champagne. “Gli Stati Uniti – ci dice Piccat – sono il primo Paese di esportazione di Champagne, con il 27,41%, seguito dall’Inghilterra. Pensiamo se da domani con i dazi al 200% una bottiglia da 40 euro venga venduta a 120 euro. Anche la Francia deve avere paura come noi, ma in termini istituzionali fa squadra”. 

Se gli americani si sfileranno come mercato, si dovrà per forza di cose guardare ad alternative: “Singapore e, più in generale, l’Asia – ci dice ancora Piccat – possono rappresentare uno spiraglio di speranza. Se i dazi dovessero andare in porto così come annunciato (si parla del 200%), ci sarà un crollo naturale delle vendite negli Stati Uniti e una possibile riduzione dei prezzi, ma si apriranno nuovi mercati. Anche il consumo interno europeo può crescere. Pensiamo alla Champagne: se il primo Paese estero smette di comprare, i nostri prezzi diminuiranno nel primo anno. E questo significa che noi europei ci troveremmo davanti a bottiglie che diventerebbero accessibili”.

Facendo un ragionamento più ampio, i primi a risentirne sarebbero i consumatori americani. Chi ne guadagna, invece, sono (almeno per i primi anni) i produttori di vino americani che coprono le loro inefficienze con i contributi dello Stato. “La prospettiva – ci dice ancora Piccat – è quella del fallimento anche per queste aziende statunitensi. Gli americani smettono di comprare vino straniero perché costa troppo e iniziano a comprare quello americano. La domanda, però, crescerà sempre di più e i prezzi dei vini americani aumenteranno. A quel punto, siamo sicuri che chi vive in America continuerà a comprare un vino che non vuole, che si è adattato a bere e che naturalmente costerà di più?”.

E secondo Piccat, il problema principale sta nella mancanza di cultura del vino. I dazi, infatti, sono solitamente imposti sulle materie prime, quelle che vengono chiamate “commodities”. Ma il vino non lo è perché ogni varietà  ed etichetta ha caratteristiche diverse e uno non può essere assimilato a un altro.

Francesco Piccat Francesco Piccat

Calo di consumi in Francia

Anche la Francia sta però vivendo un periodo complicato. Cambiano i consumi, cambiano i gusti e cambiano le generazioni. Se in Italia il problema è stato amplificato dal nuovo codice della strada, in Francia Piccat ci conferma che i cittadini sono meno preoccupati di noi: “A Parigi la gente si sposta in taxi o in metro, quindi non ha paura dei controlli. Nelle campagne la polizia fa i controlli, ma non si teme molto la questione. Il consumo cala per l’aumento dei prezzi”. 

Dall’altro lato, sui low e no-alcol, la Francia sta reagendo bene. Basti pensare che al Ritz bar dell’hotel Ritz , il locale preferito dallo scrittore, è stata dedicata una sezione del menu ai cocktail senza alcol: “Come la vedo? Credo sia un grande guadagno per i produttori perché costano meno. Ma penso anche che si tratti di una moda più da città. Voglio avere uno sguardo più liberale e meno conservatore”, conclude Piccat.