“Donald Trump è come la fillossera: ci costringerà a ripensare al concetto di viticoltura”. A dirlo ai nostri microfoni al Vinitaly è il professore Attilio Scienza, uno dei massimi esperti in Italia del mondo del vino.
Lo abbiamo incontrato alla festa dei dieci anni di Vinitaly International Academy e gli abbiamo chiesto cosa ne pensa dei dazi introdotti dal presidente degli Usa, Donald Trump. D’altronde, l’argomento è caldo e alla fiera di Verona quasi non si parla d’altro.
“I dazi ci sono sempre stati – dice Scienza – non è un’invenzione di Trump ma non ce ne eravamo accorti. Io penso che le cose che succedono vadano lette con una certa apertura mentale”. E da qui quella che si può definire una provocazione. O forse no.
Se anni fa la fillossera ha cambiato lo scenario vitivinicolo, oggi i dazi per Scienza possono essere visti come opportunità: “Il cambiamento climatico – ci dice – ci ha dato degli stimoli ma non siamo stati così attenti a trovare elementi di resilienza. Noi dobbiamo pensare una viticoltura diversa, nelle zone vocate. Vocazione non è una parole qualunque. Abbiamo messo vite ovunque, anche dove non andava messa ed è chiaro che ora bisogna fare i conti con il mercato e i consumatori”.
Per il professore chi conosce il mondo del vino italiano sa quali sono le zone che devono rimanere e quali valorizzare. “Vedo il Sud come una zona abbandonata a se stessa, ma se c’è un luogo dove la vocazione è grande è proprio il Sud Italia. Chi soffre non sono gli industriali ma i viticoltori. Sono loro che vanno aiutati dando fiducia e dicendo che sotto i loro piedi c’è qualità. I consumatori, invece, vanno educati”.