Una guerra senza sparare un solo proiettile. E senza usare spray pestilenziali di nessun tipo. Sempre più viticoltori italiani illuminati scelgono di affidarsi a Madre Natura per debellare gli insetti che distruggono la vite. Che, di riflesso, non produce uva sana. E non si può produrre vino. È quindi una perdita economica di non poco conto. E non lo fanno di certo con le sole preghiere, ma affidandosi a uno scienziato di questo mondo in miniatura, quello degli insetti, un super-esperto: un entomologo. Sono sempre di più, come dicevamo, i produttori di vino italiani (tra questi Antinori e Gaja solo per fare due nomi) che hanno scelto di utilizzare la lotta biologica per contrastare le specie che distruggono la vite, cocciniglia e tignoletta in testa. Ne abbiamo parlato con Andrea Lucchi, professore ordinario in Entomologia generale e applicata presso l’Università di Pisa, dove insegna Entomologia Agraria ed Entomologia Viticola ed è vice-presidente del Corso di Laurea triennale in Scienze Agrarie. Oltre a collaborare proprio con Angelo Gaja.
Da dove parte questo studio degli insetti “salva-vigneto”, se così li possiamo definire?
“Io non sono molto amico della chimica di sintesi e mi piace approfondire quelle strategie che in qualche modo danno la possibilità di ottenere un risultato positivo. E nel vigneto ci sono dei contesti in cui si può operare con sistemi di chimica ma alternativa a quella di sintesi e quindi ai pesticidi”.
Quali sono i nemici giurati del vigneto?
“Ci sono ormai insetti stra-noti che sono arcinemici del vigneto. Il primo è la tignoletta. Le larve di questo insetto si nutrono degli acini e delle infiorescenze della vite e creano dei marciumi. Poi c’è la cocciniglia, un insetto che produce una melata sui grappoli che si sporcano con questo liquido appiccicoso. Su questa melata di sviluppano fumaggini, gli acini diventano neri e quindi è impossibile sia vinificarli che commercializzarli”.
E per questi insetti in particolare, esiste un rimedio naturale?
“Per la tignoletta la lotta viene fatta con i feromoni o la confusione sessuale. Vengono distribuiti nell’area dei feromoni di sintesi simili a quelli che produce l’esemplare femmina quando vuole accoppiarsi. I maschi non sono tutti in grado di trovare la femmina vera e quindi diminuiscono le possibilità di accoppiamento. In realtà, a fare danno sono le larve, non le farfalle in sé. Noi di solito, con questo metodo, interveniamo su grandi superfici, con un metodo di prevenzione e che evita gli accoppiamenti. Per i territori fino a 5 ettari consigliamo i feromoni liquidi”.
Invece per la cocciniglia?
“Ci sono degli insetti utili che si possono acquistare nelle biofabbriche. Si tratta di insetti che predano naturalmente la cocciniglia, come il crittolemo oppure un altro insetto parassitoide: l’anagiro. In pratica depongono le uova nelle uova della cocciniglia e le larve mangiano sia i piccoli che gli esemplari più grandi. Vengono rilasciati in periodi precisi dell’anno”.
Ed è una pratica che sta avendo successo?
“Abbastanza. Consideri che abbiamo applicato questo sistema nel vigneto di Camarcanda di Gaja nel 2015. E poi in quello di Guado al Tasso di Antinori. Grazie al passaparola dei due produttori, oggi abbiamo coperto circa 1.300 ettari in tutto o quasi il territorio nella zona di Bolgheri, la patria di vini come Sassicaia, Guado al Tasso o Ornellaia. Un metodo che ha avuto un grande successo, soprattutto quello della confusione sessuale. Stiamo parlando di zone in cui venivano effettuati i trattamenti chimici anche 3, 4 volte l’anno. Oggi sono diminuiti drasticamente grazie a questo sistema. Poi lo stesso Gaja ha voluto che fosse applicato anche nei suoi vigneti in Piemonte e Montalcino. È certamente una viticoltura di minor impatto ambientale”.
Quali sono le specie pericolose per i vigneti?
“Sicuramente la tignoletta e la cocciniglia, di cui abbiamo parlato. Aggiungo la cicalina della flavescenza dorata e una specie emergente in questi anni soprattutto nei territori vicini al mare: si tratta della tignola rigata”.
E anche loro possono essere debellati come la tignoletta e la cocciniglia?
“Non ancora. Sono in corso studi, ma i risultati non sono soddisfacenti. Stiamo approfondendo lo studio dei sistemi meno impattanti a base di caolino, olio di arancio o ancora il piretro. Ma non conosciamo ancora la loro efficacia”.
A questo punto mi citi, invece, le specie utili al vigneto…
“Contro la cocciniglia c’è una coccinella, il crittolemo o l’anagiro: tutti facilmente reperibili nelle bio-fabbriche specifiche; per la lotta alla tignoletta, sul mercato si trovano invece dei parassitoidi, i tricogrammi, che depongono le loro uova nelle uova della tignoletta. Si tratta di insetti piccolissimi”.
Ma non solo…
“C’è anche il campoplex, ma non si può acquistare. Per questa tipologia di insetto stiamo cercando di fare un controllo biologico di protezione, perché ce ne sono tantissimi in natura. Per esempio utilizzando insetticidi selettivi che non hanno un grande impatto sulla biodiversità, oppure preservando le aree di rifugi di questi insetti, come le siepi nei vigneti, o ancora le erbe che si trovano nei filari. Perché questi insetti hanno bisogno di nettare e polline per sopravvivere. Un altro sistema di lotta agli insetti dannosi quindi: non acquistando i loro “rivali” nelle fabbriche, ma preservando i nemici naturali direttamente nel territorio”.
Professore, il cambiamento climatico sta mettendo a rischio la sopravvivenza degli insetti?
“Non solo. Che ci sia un aumento delle temperature è ben documentato dal fatto che alcuni insetti, per svilupparsi, hanno bisogno di determinate temperature. E ci sono esemplari che prima nel nostro Paese non si vedevano e che erano solo curiosità entomologiche, che invece sono venuti alla ribalta. Uno sviluppo perfetto grazie alle esigenze termiche di questi insetti che ben si legano all’innalzamento progressivo delle temperature del nostro Pianeta. Ci sono insetti che, addirittura riescono a fare un ciclo di riproduzione in più l’anno. E questo vuol dire che se ne sviluppano di più. Oppure notiamo la presenza maggiore di insetti esotici. Prima arrivavano nl nostro Paese e morivano durante gli inverni, quando le temperature scendevano abbondantemente sotto allo zero. Oggi sopravvivono”.
Ci può fare un esempio?
“Ve ne faccio due: la metcalfa o l’arcania, due insetti asiatici che oggi si sono ben ambientati nei nostri vigneti”.
E sono dannosi?
“Per il momento no. Ma ogni anno arrivano nuove specie da tante parti del mondo…”
Questa lotta biologica, è costosa per un produttore di vino?
“Più o meno costa quanto un trattamento chimico, ma è rispettoso dell’ambiente”.
Facciamo due conti…
“Se scegliamo la confusione sessuale, l’erogazione dei feromoni costa da 120 a 130 euro per ettaro. Per lo stesso trattamento con insetticida, andremmo a spendere tra gli 80 e i 90 euro per ettaro solo per il prodotto chimico, a cui aggiungere i costi per la distribuzione nel vigneto. E siamo lì. Discorso diverso per l’acquisto degli insetti utili. Sono certamente più costosi di un trattamento insetticida, ma hanno notevoli benefici sull’ambiente. Se scegliamo l’anagiro per esempio, siamo circa a 120 euro per mille esemplari per ettaro. Di solito il trattamento viene fatto in aggiunta al crittolemo: e ce ne vogliono circa 500 esemplari per ettaro. In totale dunque si spendono circa 200 euro per un ettaro di vigneto da trattare. Ma poi dipende dal grado di infestazione. In ogni caso questi insetti vanno fatti ambientare e riprodurre, in modo tale che poi nascano e si trovino spontaneamente nel vigneto. Ci vogliono circa 2, 3 anni. Ai piccoli produttori consiglio sempre i feromoni liquidi”.