Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Vino e dintorni

“I cicli del vino si sono ridotti di molto, per stare sui mercati serve un nuovo atteggiamento”

04 Agosto 2024
Alessandro Alì, Direttore commerciale Cantine Lungarotti Alessandro Alì, Direttore commerciale Cantine Lungarotti

Con l’articolo di Maurizio Gandolfo, (qui il link) direttore commerciale della cantina Brugnano, abbiamo avviato un dibattito sul vino e il momento di crisi che sta vivendo e i possibili rimedi. Adesso ospitiamo un nuovo intervento. Chiunque volesse dire la sua su questo argomento scriva a direzione@cronachedigusto.it

 

Siamo certi che esista davvero una crisi del settore del vino? Ogni giorno siamo invasi di notizie che parlano di calo di consumi (fenomeno reale), cambi di tendenze (anche questo reale), aumento di prezzi (tutto vero). Ma forse si dovrebbe guardare il mondo più da lontano e analizzarlo bene. 

Dopo la pandemia stiamo vivendo un momento particolare, un periodo non propriamente normale. Il confronto con gli ultimi anni dopo la crisi del Covid non dovrebbe però esistere ed essere preso in considerazione. Il consumatore italiano, ma anche straniero, sta cambiando sempre più. Basti guardare le notizie di questi giorni. Le autostrade sono strapiene, si parla di bollino nero per il traffico, eppure i ristoranti non sono pieni come anni fa, anzi. 

E se vogliamo ampliare il discorso, possiamo fare lo stesso ragionamento per il mondo del vino. Nella mia azienda, quando faccio il confronto con gli anni passati non guardo gli ultimi che abbiamo vissuto ma al 2019. Quando siamo usciti dalla pandemia tutti eravamo fuori, pieni di entusiasmo per la libertà riconquistata. Le piazze si sono riempite di tavolini dei ristoranti per soddisfare la richiesta. Anche per il vino è stato un momento importante perché è stato un vero attore di primaria importanza in questa voglia di divertirsi. Oggi siamo tornati alle vecchie abitudini; si esce solo nel fine settimana, si scelgono i posti e i vini in funzione della spesa e si inizia a mettere in ordine di priorità i consumi. Se si fa l’aperitivo, non si va a cena, se si va a cena non si fa il dopocena e così via.

Quando però sento parlare di crisi del settore non mi ritrovo in questa definizione. Per l’azienda per la quale lavoro, infatti, i dati sono buoni. Siamo leggermente in ritardo all’estero con due paesi (Svezia e Germania) ma per motivi legati alla riorganizzazione distributiva. Ci sono nuovi mercati e situazioni interessanti da tenere sotto controllo che possono dare ottimi sviluppi. Quindi non c’è grande ragione di preoccupazione se non tenere le antenne dritte, ma questo non guasta mai.

Il banco di prova era il 30 giugno con i bilanci: per noi è stato dimostrato che il fatturato è simile con 20% in più degli ordini. Si compra meno, più spesso e su ciò che si pensa sia già venduto. Nessuno fa magazzino, ma le aziende devono dare servizio. Si abbassa il prezzo medio di vendita, ma i volumi ci sono. 

Importante invece è analizzare la velocità con cui i consumatori modificano gli stili di consumo. Vediamo che i giovani bevono meno vino (o almeno credono in quanto poi nei miscelati spesso il vino resta un elemento importante), vediamo anche che questo attacco mediatico al vino come prodotto a base di alcol contribuisce a frenare i consumi anche nelle situazioni più congeniali e tradizionali come pranzi e cene. 

Anche l’aumento dei prezzi per i costi energetici e per le materie prime ha contribuito all’impennata dei listini allontanando ancora di più i consumatori più giovani. Oggi le aziende che non hanno fatto incrementi folli, possono continuare a sviluppare ed anzi si trovano spazi lasciati in mercati importanti. Pensiamo allo Champagne che è in forte difficoltà proprio per l’aumento dei prezzi e che apre le strade ai nostri spumanti nella ristorazione di alto livello.

Per il cambio di tutte queste tendenze bisognerà lavorare con la solita attenzione e scrupolosità, ma come in tutte le mode, e in tanti anni di lavoro ne ho viste e passate tante, la ciclicità di queste si sta riducendo sempre di più a pochi anni.  

Sono certo che il calo dei consumi si assesterà e che ci sarà un riallineamento, ma non dimentichiamo che ancora molti paesi esteri possono dare grandi capacità di sviluppo. La Cina per esempio che molti ritenevano anni fa il paradiso futuro del vino ancora non apre le sue porte al consumo del vino di qualità.

Siamo in una fase di assestamento quindi con tutti i rischi che ne conseguono. Per le aziende serie ci sono però grandi opportunità perché il marchio e la continuità pagano. I fenomeni muoiono, le realtà concrete restano.

*direttore commerciale Cantine Lungarotti