Zibibbo in purezza.
Nella lingua di Dante si direbbe Moscato di Alessandria ma siccome è il vitigno simbolo dell'isola di Pantelleria non possiamo che chiamarlo col nome siciliano, quello che deriva dall'arabo zabib (زبيب) che significa uvetta, uva appassita ed infatti l'alto grado zuccherino del Moscato permetteva di appassirne facilmente i grappoli così nell'antichità nella piccola isola poteva aversi per tutto l'inverno frutta energetica, con la quale si facevano vini dolci, il vino che interpreta al meglio il territorio pantesco.
Un territorio difficile, vulcanico, battuto terribilmente dai venti carichi di salsedine marina e soggetto al clima caldo ed arido, per cui gli agricoltori dovevano effettuare un duro lavoro, preparare e rendere sciolta la roccia vulcanica, formare terrazzamenti, issare muretti a secco che costituissero riparo ai soffi di Eolo, curare con attenzione e quasi coccolare le singole piante. Anche queste dovevano sviluppare muscoli tremendi per contrastare, piegandosi al suolo, le raffiche, per cercare ed utilizzare la poca acqua disponibile. Per fortuna la natura a questo punto si commuoveva per tanta passione e sofferto sacrificio per cui concedeva frutti fantastici, vere perle rare nell'universo agricolo.
Non potendo dilungarci più sui particolari vini panteschi ci concentriamo sul Passito, anzi sul Passito di Pantelleria, Doc che nasce nel 1971 e rivista nel 2000, che può dirsi anche Moscato Passito di Pantelleria. Il disciplinare prevede solo Zibibbo al 100%, coltivato, vinificato e imbottigliato nell'Isola. Solo chi imbottigliava storicamente in Sicilia è stato derogato a quest'ultima limitazione. Non confondiamolo col Passito Liquoroso, pur esso un Doc, a cui però è aggiunto alcol di origine viticola. Il Passito potremmo definirlo naturale, aggettivo che però non può scriversi in etichetta perchè la normativa, spesso irrazionale, non lo permette. E' prodotto da uve sottoposte in tutto o in parte ad appassimento al sole sulla pianta o dopo la raccolta.
Due parole poi su Cantine Pellegrino, una feconda realtà della provincia di Trapani, un'azienda che produce e commercializza 6.500.000 bottiglie e che vinifica il 65% di tutte le uve di Pantelleria. Fondata nel 1880 da una famiglia di notai contribuì alla diffusione del vino Marsala. Oggi possiede 150 ha di vigneti, quasi tutti in comune di Mazara del Vallo, una consistente cantina nel centro di Marsala che amplia quella storica ottocentesca e dove nell'edificio Le Torri è creato un centro per l'accoglienza, le degustazioni, anche culinarie, e i convegni; un'altra cantina più moderna in C.da Cardilla alle porte di Marsala, infine la cantina pantesca in contrada Kuddia Rossa. E' un'azienda familiare con presidente Pietro Romano Alagna e A.D. Benedetto Renda, mentre le redini del mercato sono nelle mani di Emilio Ridolfi, direttore commerciale. Da qualche anno i vini della linea HoReCa sono conosciuti col marchio Duca di Castelmonte.
Per il Nes, che dall'ebraico significa prodigio, si effettua a fine agosto una prima raccolta sceltissima con i grappoli più integri che sono poi appassiti al sole nei graticci. La vendemmia vera alla fine di settembre con le uve surmature. Fermentazione con i lieviti naturali e quando si raggiunge il grado zuccherino desiderato si blocca tutto col raffreddamento. A questo punto si aggiunge una dosata quantità di uva passa e si procede all'affinamento di oltre un anno in acciaio. Infine si filtra per separare la materia solida ed il vino è trasportato a Marsala dove è imbottigliato e tenuto a riposo per circa 6 mesi. Sovrintende tutto il lavoro l'enologo Nicola Poma.
L'ultima annata in commercio è la 2009 che degustiamo, un'annata che inaugura un nuovo corso per il Nes, frutto dell'esperienza e della continua applicazione dell'azienda. Al colore un affascinante giallo ambra molto brillante. Al naso immediatamente un carico di miele, di fichi secchi, di papaya e continuando a roteare si avvertono note vegetali, di fieno fresco, sentori minerali, balsamici ed una scintilla di pietra focaia. Un bouquet armonico, intenso, ampio, intrigante, per niente stucchevole. Al palato chiaramente arriva un'ondata dolce che gradualmente si accompagna alla mineralità, alla giusta acidità. Il miele e la frutta candita non sono per niente invadenti facendo risultare il vino equilibrato, amabile, complesso, un vino che ti invita a bere anche perchè il grado alcolico di 14,5° è ai limiti inferiori della categoria. Un finale che vi farà dimenticare da quando avrete assunto l'ultimo sorso.
Una produzione di 40.000 bottiglie da ½ litro ad un prezzo di € 23 che non esce sotto l'etichetta di punta di Duca di Castelmonte in quanto da tempo Pellegrino è sinonimo di Marsala e di vini dolci. Un gran bel prodotto frutto di un'ottima materia prima e di un'attenta ed esperta dosatura degli ingredienti per ottenere un amabile ed armonico risultato.
Lo consigliamo per accompagnare i dessert, sia di formaggi molto stagionati sia dolci di paste secche, di torte con confetture ma specialmente, in queste festività, sotto l'albero di Natale o accanto al Presepe magari con una fetta di panettone artigianale classico, ricco di uvetta. Ma per favore, non bevetelo assolutamente al di sotto dei 14-16 gradi.
Cantine Pellegrino |
Recensioni Rubrica a cura di Salvo Giusino |