Cantina storica del veronese, Santi è da sempre un riferimento non solo per il proprio territorio, ma per tutta l’Italia del vino. Fu fondata nel lontano 1843 da Carlo Santi a Illasi, piccolo centro situato nell’omonima vallata all’estremità orientale della Valpolicella, in un’area che fa parte anche della denominazione Soave. Fin dall’inizio la filosofia produttiva fu incentrata su qualità e territorio. A Carlo succedette Attilio Gino Santi, accademico della vite e del vino, che puntò tutto sulla ricerca e sull’innovazione per raggiungere risultati di eccellenza. Santi fu tra le prime aziende in Italia a implementare un modernissimo impianto di spumantizzazione negli anni Trenta, investendo nella messa a punto di un metodo produttivo per i vini spumanti, tanto che furono in molti a copiarlo per produrre “bollicine di qualità”. Nel 1965 la cantina diventò società per azioni e infine, nel 1974, entrò a far parte del Gruppo Italiano Vini.
Oggi la superficie vitata si estende per 70 ettari. La quota più importante dei vigneti è distribuita fra diverse zone della Valpolicella. Ci sono poi altre parcelle dislocate in alcune denominazioni limitrofe. Vengono coltivati quasi esclusivamente vitigni tradizionali, Corvina su tutti. Sono circa un milione e 200 mila le bottiglie prodotte annualmente. La gamma dei vini è composta principalmente da etichette delle Doc tipiche della Valpolicella, ma c’è grande attenzione anche per altre zone importanti vicine come Soave, Lugana, Bardolino e Colli Berici. Fondamentale il contributo dell’enologo Cristian Ridolfi, alla guida della cantina dal 2016. Il suo obiettivo è quello di conoscere sempre più a fondo i vari terroir per poterne sviluppare le potenzialità, ottenendo espressioni sempre più convincenti.
Abbiamo degustato il Crinaia 2019, taglio bordolese che, pur restando ancorato al proprio territorio, esprime la vocazione internazionale di Santi. E’ ottenuto da uve Cabernet Sauvignon (50%), Cabernet Franc (35%) e Merlot (15%), tutte provenienti dai Colli Berici, porzione della provincia di Vicenza rinomata per la sua produzione vinicola. I vigneti sono situati in due diverse aree: sul lato ovest dei Colli, ad Alonte, con esposizione sud est e nella parte orientale, ad Arcugnano, con esposizione nord ovest. Ci troviamo ad altitudini comprese tra 120 e 180 metri sul livello del mare su un suolo calcareo di origine carsica, ricco di ferro e con abbondante scheletro. Le viti, alcune delle quali superano i 50 anni di età, sono allevate a cordone speronato con densità di 4 mila ceppi per ettaro. La vendemmia, leggermente tardiva, ha luogo ad inizio ottobre. La vinificazione viene effettuata a grappolo intero in tini di legno con capacità media di 25 ettolitri, ad una temperatura che raggiunge al massimo i 26 gradi centigradi. Il vino ottenuto matura in tonneau per un quarto nuovi.
Il colore che osserviamo nel calice dopo aver versato il Crinaia è un rosso rubino scuro e carico. Ha un naso di buona intensità con profumi di frutti rossi in confettura e prugna matura, afffiancati da sentori di spezie dolci, un cenno di cuoio e una leggera sfumatura vegetale che resta in sottofondo. E’ evidente un profilo privo di eccessi, caratterizzato da armonia e giusta misura. Il sorso è pieno, ben strutturato, ma anche disteso e regolare nella progressione. Al retronaso emerge la parte vegetale, nella quale distinguiamo il peperone verde, presente con maggiore intensità rispetto all’olfatto. Lungo e leggermente sapido il finale con la frutta che ritorna, assumendo toni più scuri. Si tratta di un rosso molto versatile negli abbinamenti, grazie soprattutto all’ottimo equilibrio. Bevetelo con primi piatti ricchi della cucina di terra, grigliate di carne di vario genere e formaggi a media stagionatura.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
Santi
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