Il Poggione sorge sul versante meridionale dell’area della Docg Brunello di Montalcino, nella frazione di Sant’Angelo in Colle, piccolo borgo medievale circondato da boschi, vigneti e oliveti. Nasce alla fine dell’Ottocento per iniziativa di Lavinio Franceschi, proprietario terriero fiorentino che, incuriosito dalle descrizioni di un pastore che portava il bestiame in transumanza proprio in questi luoghi, dopo una visita, rimase così colpito da acquistare subito alcuni terreni per dar vita ad un progetto imprenditoriale agricolo. Nacque così Il Poggione, azienda storica di Montalcino che fu tra le prime a commercializzare il Brunello ad inizio ‘900 e fu anche uno dei membri fondatori del Consorzio. Oggi a dare seguito alla tradizione troviamo Leopoldo e Livia Franceschi, discendenti di Lavinio e attutali proprietari, che si avvolgono della preziosa collaborazione del direttore Fabrizio Bindocci, stimato professionista appassionatissimo della sua terra, che lavora qui dal 1976. All’interno della tenuta troviamo 140 ettari di vigneti, 50 di uliveti, boschi e seminativo per un’estensione complessiva di 530 ettari. Oltre al Sangiovese, il vitigno di gran lunga più importante del territorio, vengono coltivati Merlot, Cabernet Sauvignon, Vermentino, Chardonnay, Moscato, Trebbiano e Malvasia. La filosofia produttiva si fonda sulla massima cura dei vigneti e su un’agricoltura sostenibile che vede diverse colture affiancare le viti e un importante impiego di lavoro manuale. Sta per concludersi la conversione al biologico iniziata nel 2022. Nel 2004 è stata costruita una nuova cantina, dove vengono utilizzate tecnologie moderne per vinificare al meglio la preziosa materia prima, ponendo sempre grande attenzione al rispetto del territorio, della sua storia e delle sue tradizioni. Sono circa 600 mila le bottiglie prodotte ogni anno.
La gamma dei vini conta diverse referenze fra cui spiccano i due Brunello di Montalcino, la versione “annata” e la Riserva che è frutto della rinomata Vigna Paganelli. Ci è piaciuto molto il Brunello di Montalcino Docg 2020, rosso che rappresenta probabilmente più di ogni altra etichetta lo stile aziendale e proviene da un’annata che ha fornito vini espressivi già da subito, ma anche dotati di un buon equilibrio tra intensità di frutto e struttura, cosa che lascia immaginare un’ulteriore evoluzione nel tempo. E’ fatto con uve Sangiovese in purezza provenienti da vigneti di almeno 20 anni di età, situati ad altitudini comprese tra 150 e 450 metri sul livello del mare, nei quali troviamo viti allevate a doppio capovolto e cordone speronato. La vendemmia, effettuata manualmente intorno a metà settembre, è seguita dalla vinificazione che prevede 15-20 giorni di fermentazione a cappello sommerso per mezzo di lieviti indigeni alla temperatura controllata di 25-28 gradi centigradi in vasche di acciaio inox, dove si svolge anche la malolattica. Il vino ottenuto matura in botti di rovere francese da 30 e 50 ettolitri per circa 36 mesi e poi affina in bottiglia per un lungo periodo prima di essere messo in commercio.
Il colore che osserviamo nel calice dopo aver versato questo Brunello di Montalcino è un rosso rubino carico, leggermente tendente al granato. L’esame olfattivo rivela un bouquet fine e pulito, nel quale la frutta scura matura con la prugna in evidenza e l’amarena risulta affiancata da una tenue e composta nota terrosa e da sentori di erbe aromatiche. Si tratta di un profilo tipico che in questa annata vira maggiormente verso una ricchezza mediterranea, mantenendo comunque una piacevole e vivace freschezza. Pieno, ben strutturato, ma anche dotato di ottima acidità il sorso, che si distende con regolarità e presenta una decisa presenza di frutto e tannini compatti che appaiono già morbidi e ben integrati. Chiude lungo e un po’ sapido. Un Brunello completo e per nulla difficile da bere che riesce a coniugare qualità e quantità con una tiratura importante, non comune per questa tipologia. Bevetelo con le carni rosse, sia arrostite che al forno, la selvaggina e i formaggi stagionati, in particolare i pecorini.
Rubrica a cura di Salvo Giusino
Il Poggione
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