In 10 anni crollato il numero delle aziende agricole. Ed è Sos per il calo degli ettari vitati
Il bicchiere, come si sa può essere mezzo pieno o mezzo vuoto. Dipende da come si guarda.
La situazione descritta dai dati freddi ma essenziali dell’ultimo censimento dell’agricoltura è chiara: il numero delle aziende agricole è sceso del 51,5% passando da 791.091 unità del 2000 alle 383.645 del 2010. Dentro questo calo c’è un po’di tutto, dalle microaziende agricole che chiudono perché non sono grado di assicurare un reddito seppur minimo, all’abbandono “per raggiunti limiti di età e di forze” di tanti anziani viticoltori che ormai non ce la fanno più, alla possibilità di accedere ai fondi Ue per gli espianti.
Certo, molte di queste aziende avrebbero chiuso per mille altri diversi motivi: mettersi in regola con le normative, ammodernare le strutture, fare investimenti, non è nelle corde e nelle possibilità di tutti. Meno aziende però ha significato pure una sensibile contrazione del vigneto italiano. Dal 2000 al 2010 la superficie è calata del 12%, passando da 717.333 a 632.140 ettari, 85.193 ettari in meno. Una superficie enorme, pari a quasi l’attuale superficie vitata di due regioni come Veneto (73.708 ha) e Marche (12.059 ha). Tra le regioni più colpite il Lazio (- 45,7%), la Liguria (-45,1%) e la Basilicata (- 40,6%). In Veneto però pur essendo scomparse il 51,6% delle aziende, il vigneto però è rimasto lo stesso. In Friuli Venezia Giulia nonostante – 46,4% delle aziende, il vigneto è aumentato del 10% e in Trentino dell’11 seppure con il – 68% delle aziende (fonte elaborazione Enotime su dati Istat). Il bicchiere mezzo pieno è rappresentato dalle giacenze di cantine nella norma, una produzione non molta elevata e i prezzi mediamente in alto.
Ciò che induce alla riflessione è che il calo, per altro annunciato, è avvenuto nel silenzio delle istituzioni nazionali e locali che non hanno affatto valutato le conseguenze del decremento del vigneto nazionale nel lungo periodo, specialmente alla luce degli sviluppi del commercio vinicolo negli anni a venire.
La politica in primo luogo non ha mosso un dito né per circoscrivere né per limitare il fenomeno, non rendendosi conto che il primato del potenziale produttivo è un valore da difendere.
Perdere pezzi importanti non è un buon investimento per un futuro di sviluppo. Manca, tanto per cambiare, una visione di lungo periodo. Un pessimista direbbe che è un film già visto. O no ?
An.Gab.