Mauro Remondino, firma enogastronomica del Corriere della Sera. “Revisione totale del disciplinare, intervenga pure l’Istituto regionale Vite e vino”. E poi cita le etichette da salvare…
“Il Marsala
affidato ai saggi”
“Che si costituisca un comitato di saggi per salvare il Marsala. E a guidarlo potrebbe essere Attilio scienza, e perché no”. Questa è l’operazione d’urgenza che propone Mauro Remondino firma enogastronomica del Corriere della Sera e delle riviste ad esso collegate e adesso anche blogger (myslowburninglife.blogspot.com).
Che ne pensi del Marsala oggi?
“Per me è un vino unico, di qualità suprema. È un vino sublime se poi accompagnato da formaggi o abbinato al foie gras o ai salumi iberici. Straordinario come vino da meditazione. Ma purtroppo la morte annunciata è incontrovertibile. Ma lo si sa da tempo. Se ne parla, ma cosa si è fatto oggi? Era uno dei vini più ricercati e ricordati dal mercato, inglesi e tedeschi lo portavano a casa, erano golosi di questo vino. Cinquant’anni fa in ogni casa d’Italia c’era il Marsala, anche se di qualità scadente perché già allora qualcosa stava succedendo. È caduto tutto nell’oblio”.
Chi ha decretato questa fine?
“Coloro che hanno taroccato questo vino direi, che hanno schiavizzato questo prodotto con la massificazione. Ma sono stati anche scarsi i controlli sulla produzione e sulla gestione dell’alcol. Molto strano in momento in cui, a livello internazionale, il vino italiano ha raggiunto buoni approcci. La causa però sta in un problema più ampio, culturale, tipico del nostro Paese. L’italiano si distingue per essere un bravo creativo ma quando si tratta di difendere dei miti puntualmente li affossa. Voglio dire che non c’è cultura del territorio, quando naturalmente invece l’Italia ha un carattere esclusivamente agricolo. La cultura nasce con la civiltà, parte tutto dal terreno. Il Marsala come tanti altri, come tesori ereditati dai nostri nonni è un occasione, una dote, e come spesso si fa in questo Paese, le occasioni le gettiamo al rogo, creando qualcosa che ci appaghi di più”.
Cioè?
“Dico che si è sostituito il Marsala originario, con altri prodotti, come il Passito. Perché magari costa meno fare un prodotto nuovo piuttosto che reimpiantare, investire in un certo tipo di produzione, non c’è interesse. Si preferisce fare anche prodotti leggermente peggiori. Il problema è proprio la volontà. Se si ha volontà di produrre un grande vino allora viene in quel modo. Ho assaggiato Marsala eccellenti della Pellegrino e trovo straordinario Marco de Bartoli, una mosca bianca, con il suo Samperi”.
Che fare per risollevare le sorti di questo vino?
“Tre cose principalmente. Intanto si deve costituire un comitato di saggi. Per me enologi e tecnici illuminati guidati da Attilio Scienza, che possano rimettere a posto subito le cose dal punto di vista tecnico scientifico, e poi di tutta la filiera di produzione. Anzi prima devono decretare ufficialmente la morte del Marsala e poi mettersi al lavoro. Ma il comitato può essere anche l’Istituto Vite e Vino. Un organismo insomma che studi rimedi in tempi rapidi per riportare questo vino a livelli competitivi. Poi bisogna revisionare il disciplinare. Che si riveda questa doc storica e vedere come può cambiare, mica il disciplinare è una bibbia inviolabile. Partiamo con il vedere quanti numeri si fanno, quanti sono i produttori, chi sono coloro che producono in modo irregolare. Quindi, anche con un piccolo referendum, che si individui chi veramente si vuole impegnare, chi è veramente interessato a salvare questo vino e soprattutto a cooperare. Bisogna difendere la qualità”.
Allora le tipologie base dovrebbero uscire dalla doc?
“Dico che chi vuole fare altro può farlo, ma fuori dall’ambito in cui si produce quel tipo di vino. Magari si può chiedere un’etichetta speciale per i tipi di prodotto che non rientrano nella Doc. Non hanno ragione di esistere Marsala a due euro sullo scaffale. Già il packaging, il vetro, hanno un costo, cosa c’è dentro? Qualcosa significa che non va”.
Manuela Laiacona