Franco Rodriquez, titolare di una delle enoteche più frequentate nella cittadina trapanese accusa: “Troppe tipologie, l’industria del vino ha danneggiato l’immagine di questo nettare. Il futuro? Si torni subito alle origini e si modifichi subito la Doc”
“Lo scempio del Marsala”
Il 65 per cento del fatturato lo fa solo con la vendita del Marsala, tra le 1.200 etichette provenienti da tutto il mondo che ospita sui suoi scaffali è quella che vende di più, soprattutto nella versione Superiore Dolce. Parliamo di Franco Rodriquez titolare dell’enoteca Garibaldi, la più importante di Marsala. Forse l’unico rimasto a fare cultura del Marsala. La sua testimonianza non poteva non entrare quindi nel merito del dibattito avviato da Cronachedigusto.it. Perché lui, più di tutti, ogni giorno ha sotto gli occhi lo stato di salute di questo vino. Nelle sue parole c’è soprattutto rammarico: crollo di immagine, vendite in calo, il Marsala è in crisi. Rodriquez lancia un appello: “Torniamo alle origini, si torni al passato se vogliamo assicurare un futuro a questo vino”.
Come sta il Marsala?
“Hanno fatto crollare un pezzo di storia d’Italia, della nostra cultura. E’ rimasto un vino del passato. Non gode del prestigio che aveva una volta e non si è fatto nulla per difenderlo. Quello che un tempo negli anni Venti e Trenta era il vino più venduto al mondo, oggi è poco conosciuto. Uno scempio vedere un vino straordinario, che rappresenta la storia del bere italiano degli ultimi duecento anni, ridotto in questo modo”.
A cosa si deve secondo lei questo oblio?
“Intanto è un vino difficile da bere ed anche difficile da accostare ai sapori. Inoltre deve anche subire il duro confronto con i vini che normalmente portiamo a tavola, che sono più leggeri. Poi sono cambiate le abitudini di consumo, ed anche i ritmi di vita. Certo in epoca coloniale già dalla prima serata si trascorreva il tempo sorseggiando il Marsala. Comunque è un vino legato a determinate atmosfere, suggestioni che il consumatore non può percepire se tutto questo non gli viene comunicato, se a consigliarlo non sono le persone giuste. Allora sì che il Marsala verrebbe capito. Credo che il problema della comunicazione sia molto serio”.
Che intende?
“Fino ad ora non è mai stato comunicato nel modo giusto. E questo ha fatto sì che si veicolasse un messaggio confuso. La scienza del marketing non ha saputo dare le giuste informazioni, che invece devono essere chiare e nette. Non è possibile che ci siano così tante tipologie in commercio. Sono ad una quarantina, e tutte hanno lo stesso nome e sono tutte Doc. E’ intollerabile. E’ un serio problema ma che credo non si risolverà mai, perché l’industria del vino non sarà mai disposta a rivedere le tante tipologie”.
Quindi lei è per un uscita dalla doc delle tipologie base, come il Marsala Fine per esempio?
“No. Io le salverei tutte, quello che farei però è un drastico snellimento delle sotto denominazioni. Io ridurrei la Doc a quattro tipologie. Sostanzialmente al Vergine, al Superiore Dolce al Superiore Secco ed anche al Fine. Le sotto denominazioni, o la distinzione, per esempio, tra la dicitura Ambra o Oro, non servono a niente, a nessuno, né al consumatore né al produttore”.
Disciplinare da rivedere?
“Assolutamente si. È obsoleto. Se poi pensiamo alle dinamiche che hanno portato all’ultima revisione, quella che attualmente è in vigore, vediamo che è stato dato troppo spazio ai produttori. Sono stati considerati come interlocutori principali. Invece il disciplinare dovrebbe essere gestito dalle mani di attori super partes. E questo è stato uno dei problemi più gravi. Non si è fatto l’interesse del vino e di tutto il comparto. Non si è fatto niente per salvarlo, per rilanciarlo. Per soddisfare le esigenze dettate dalla crisi che ha vissuto e vive il settore del Marsala non si è pensato a gettare le basi per una nuova stagione del Marsala. “.
In che senso?
“Ci sono interventi significativi che potrebbero portare questo vino ad essere un vino di questo tempo. Per esempio si sarebbero potute apportare modifiche ad alcune caratteristiche regolamentate dal disciplinare. Come un abbassamento della gradazione alcolica a 15° magari per portarlo più facilmente sulle tavole”.
Si è ancora in tempo per salvare questo vino? Vede un futuro?
“Difficile rispondere a questa domanda. Vedo solo un presente. Ma posso dire che le cose potrebbero cambiare se si ritornasse indietro. A ritroso nel tempo, a quel vino che per la prima volta assaggiarono gli inglesi e che poi li portò a scrivere la storia del Marsala. Ci vuole un ritorno alle origini”.
Anche in vigna, come ha affermato Scienza?
“No. Se un produttore è bravo non c’è bisogno di un ritorno in vigna. La qualità delle uve è comunque già buona. Sono naturalmente già di alta qualità, che quando sono surmature danno mosti e vini talmente stabili e forti che non c’è bisogno di alcun intervento con la chimica. Dobbiamo solo lasciare che la natura si esprima al meglio, anzi dobbiamo fare di tutto per assecondarla”.
Manuela Laiacona