(Ulivi colpiti da Xylella)
Due notizie, una buona ed una cattiva.
Quella buona è che il ministero dell’Agricoltura ha stanziato 11 milioni di euro per l’emergenza Xylella, destinati a chi sta perdendo tutto: il raccolto, il reddito, il posto di lavoro. La brutta è che il batterio continua a mietere vittime e non c’è soluzione, se non quella drastica di abbattere tutti gli alberi.
Da tre anni in Puglia si lotta contro un nemico invisibile: la Xylella. Che sta uccidendo tutti gli ulivi. In questo momento non esiste cura. Le piante vanno sradicate. Così hanno sentenziato al ministero, così ha convenuto la Regione Puglia e così hanno definitivamente decretato a Bruxelles, imponendo l’espianto di tutti gli ulivi infetti. E non degli ulivi soltanto. Ma anche delle piante che potrebbero ospitare il batterio nel raggio di 100 metri.
In pratica sarà creata una fascia di protezione in maniera tale che il contagio non possa attraversare ed evitare che il batterio risalga la penisola. Una terra di nessuno dallo Ionio all’Adriatico, che taglierà in due il tacco d’Italia.
Le eradicazioni sono già iniziate: si parla di oltre 35 mila piante da abbattere. Ulivi di 300, 500 e 1.000 anni. Ma sarà sufficiente? Si farà in tempo? Gli interrogativi assalgono tutti e non ci sono risposte concrete.
In questo modo il rischio è quello di condannare l’intera provincia di Lecce, e forse anche un pezzo di quella di Brindisi, dove si trova il tesoro più ricco degli olivi secolari.
Il batterio sta avendo ripercussioni anche sul mondo vivaistico. Perché le disposizioni per contenere la Xylella fastidiosa prevedono la distruzione di tutte le specie potenzialmente contaminabili: dagli ulivi agli oleandri, ai mandorli, ad altre piante da frutta. E prevedono anche il divieto della loro riproduzione. Il fatturato del settore vivaistico nella provincia di Lecce è calato del 70 per cento e le aziende hanno cominciato a licenziare. I 150 vivai della zona sono letteralmente in ginocchio. E poi il turismo. Per ora si parla soprattutto dei danni all’agricoltura, che sono ingenti. Ma lo sfregio inferto al paesaggio dal batterio prima e dalle eradicazioni poi non potrà non avere ripercussioni anche su quella che è diventata forse la più importante industria del Salento. Tre anni, sono passati da quando il morbo si è manifestato, fra Taviano e Gallipoli. Tanti, per non sospettare ritardi, manchevolezze e superficialità nell’affrontare il problema. Da parte di chi? Probabilmente la responsabilità è un po’ di tutti. In primis gli agricoltori che non hanno compreso subito la gravità della faccenda, oppure non volevano creare allarmismi. Poi il Governo, che ha faticato a comprendere la gravità del fenomeno.
Nel frattempo, ad Oria, nel brindisino, sono cominciate le eradicazioni, tra clamorose proteste. Un ricorso al Tar ha bloccato le ruspe. Perché ci sono associazioni e gruppi di agricoltori che insistono: strappare gli ulivi dalla terra non è soltanto dannoso e devastante, ma del tutto inutile visto che le piante, trattate con i cari antichi rimedi, come le potature e la cura del terreno, sono in grado da sole di sconfiggere la Xylella. Portano anche le prove, e del resto basta girare per le campagne per vedere i mozziconi di quegli alberi meravigliosi che ricominciano a gettare foglie nuove dalla base del tronco o da qualche ramo sopravvissuto.
C.d.G.