Dalla pianta al barattolo (o bottiglia) in meno di 24 ore. Il “record” del pomodoro italiano che viene trasformato in meno di un giorno per garantire al consumatore il massimo della qualità del prodotto. “Perché se tu imbottigli un pomodoro verde, lo troverai verde quando apri il barattolo; se marcio, sarà marcio anche dopo. Ma se conservi un pomodoro di altissima qualità, poi sarà così anche quando, a casa magari, aprirai il barattolo per preparare un condimento”. Sono le parole di Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav, l’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali che è nata a Napoli il 5 Febbraio 1945 e che rappresenta le aziende private che operano nel settore della trasformazione e della conservazione dei prodotti vegetali.
Sono circa 100 le aziende associate che messe insieme producono i 3/4 di tutto il pomodoro trasformato in Italia e più della metà dei legumi conservati in Italia. Mica bruscolini. Nel 2022 il fatturato dell’intero comparto produttivo delle conserve di pomodoro e legumi è stato di 5 miliardi di euro, di cui oltre il 70% prodotto dalle aziende associate ad Anicav. L’Italia storicamente è un paese di grandi mangiatori di pomodoro. “Ma le abitudini sono un po’ cambiate”, sottolinea De Angelis quando racconta che di pomodoro trasformato se ne consumano circa 35 chili pro capite l’anno. Numeri importanti, certo, ma che sono un po’ in calo rispetto al passato. “C’è stata un’impennata di consumi proprio durante il lockdown – spiega il numero 1 di Anicav – Adesso stiamo lentamente tornando ai livelli pre-Covid”. L’Italia rimane il primo produttore al mondo di pomodoro trasformato (stiamo parlando di polpa, pelati e sughi). Oltre 5,5 milioni di tonnellate l’anno e di questi circa il 60 per cento varca i confini nazionali. Mentre il 40 per cento, dunque circa 2,2 milioni di tonnellate rimangono “a casa”.
“Il pomodoro italiano è quello più pagato al mondo”, dice con un pizzico di orgoglio De Angelis. Se da un lato cambiano le abitudini “casalinghe” e quindi si consumano meno prodotti trasformati di pomodoro, dall’altro c’è un costante incremento del “fuori casa”: “Il comparto delle pizzerie è fondamentale per il nostro settore – spiega De Angelis – 9 pizze su 10 sono fatte con il pomodoro. E pensando a quante pizzerie ci sono in Italia, i conti sono presto fatti”. Quello che fa la differenza nel mondo, però, rimane la qualità del pomodoro trasformato: “Solo prodotti di altissima qualità – dice De Angelis – Quello che cambia, sono le abitudini dei consumatori. Fino a 25 anni fa si vendevano tantissimi barattoli di pelati. Oggi la passata è in testa a questa speciale classifica. Credo per una praticità di utilizzo. Ma anche, è bene ribadirlo, per la grande qualità che si trova all’interno di quelle bottiglie. Crescono, seppur lentamente, i sughi pronti. Ma l’italiano preferisce sempre, magari, partire da una base di salsa in bottiglia e modificarla in padella”. Il settore della trasformazione del pomodoro sembra ancorato a vecchi retaggi, ma non è così, ci tiene a specificare lo stesso De Angelis: “Oggi si deve rispondere ad esigenze di mercato che pretendono un certo tipo di prodotto – dice – Noi rappresentiamo un mercato importante, che vale 4,4 miliardi di euro solo dai derivati dalla trasformazione, ma è un settore che ha avuto un’evoluzione sia in termini della qualità che della garanzia del prodotto finale e che non ha eguali nel mondo. Oggi le difficoltà riguardano, semmai, la questione del prodotto in pianta che deve fare i conti spesso con i cambiamenti climatici. Ma lasciatemelo dire, il pomodoro italiano, di certo, ha un futuro importante”.