Nella scelta di una bottiglia sugli scaffali un sommelier o un appassionato di vino va a cercare sull'etichetta posteriore vitigno e annata, mentre la gran parte dei consumatori non esperti controllano il grado alcolico, la produzione biologica o convenzionale, e la quantità di vino “che è sempre 75 cl, ma non si sa mai…”.
Lo ha detto, a wine2wine, Vincenzo Russo, coordinatore del Centro di ricerca di Neuromarketing dello Iulm nel presentare le ricerche con la tecnica “Eye-tracker” che traccia cosa visualizza, con maggiore attenzione, un consumatore nel packaging e nella bottiglia. Le neuroscienze, ha sottolineato Russo, negli ultimi anni hanno permesso di fare passi da gigante nella conoscenza del funzionamento cerebrale e quindi dei processi percettivi dell'emisfero frontale sinistro (dati mnemonici positivi) e destro (dati negativi) e di conseguenza dei processi decisionali di acquisto. “Sono i fattori emozionali, anche quelli più inconsci – ha sottolineato – a determinare, come testimoniano le strategie di Brain Imagine, gli acquisti effettivi e su questo hanno fatto fortuna popolari piattaforma come Group On e Booking. Anche il vino, nei siti di e-commerce e nella pubblicità, sta mutuando tecniche di comunicazione basate sulle neuroscienze che puntano a cambiare il comportamento del consumatore. L'idea – ha precisato Russo – non è quella di controllare tutto e tutti, ma di minimizzare gli errori di marketing visto che, secondo studi internazionali, l'80% dei prodotti a scaffale non ha successo. Occhio anche alle incongruenze e ai massaggi banali nel cosiddetto storytelling del vino in retroetichetta: spesso troppe dichiarazioni sulla passione e l'amore per il lavoro non caratterizzano come unicum quel vino. A volte disturba – ha detto infine l'esperto di neuromarketing – l'uso improprio di immagini di bambini, o visi che non ispirano fiducia e affidabilità, o eccessi di ironia e di messaggi sexy che possono colpire ma poi non riconducono al prodotto”.
C.d.G.