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Scenari

Vino, il 2013 sarà un anno nero? Le previsioni di produttori e manager/2

07 Gennaio 2013
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A fronte della contrazione della domanda interna continua ad essere l'estero lo sbocco nel prossimo futuro e per le aziende sarà sfida sul riposizionamento


Alberto Tasca, Carmelo Morgante, Alberto Buratto, Maurizio Gandolfo, Antonio Rallo

“Senza crisi non ci sono sfide. E senza decadenze non ci sono meriti. È nei mutamenti negativi e improvvisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza”.

E’ una massima in cerca di un autore ma si adatta perfettamente ai principi  con cui i produttori siciliani si sono adattati per  gestire un recesso più repentino che lento, abbattutosi da qualche anno sul mercato del vino. E allora, con quale spirito le aziende hanno gestito e affrontato questo momento congiunturale che attanaglia i redditi dei consumatori di mezzo mondo e provoca quel calo di consumi che tutti i mercati soffrono? Quali le conseguenze che tra il 2011 e il 2012 hanno caratterizzato i bilanci economici  dei loro esercizi? Quali strumenti si dovranno adattare a partire da questo 2013 per far virare la nave sulle rotte di una crescita? Chi è uscito indenne e chi con le ossa rotte? Cronache di Gusto è andato ad indagare.

“Giocare d’anticipo per  prevenire la crisi”. E’ la tattica strategica  attuata da Maurizio Gandolfo,  direttore commerciale dell’azienda Gorghi Tondi, 130 ettari nell’agro di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, con 1milione e 200mila bottiglie tappate nel 2012 e spalmate su  22 etichette. “Una tattica vincente fatta in due mosse: migliorare l’efficienza, tagliare i costi. E tutto si è fatto più facile aggiungendo un pizzico d’innovazione. E non solo restyling sulle etichette, ma nuova filosofia aziendale, nuovo approccio al mercato, proposte innovative al fine di catturare i gusti dei consumatori alzando il livello qualitativo. Ci siamo riusciti con quasi tutta la gamma ma in particolare con i due  originali “charmat”: uno ottenuto con uve Grillo, il secondo, rosato, col  Nero d’Avola. Questo ci ha premiato – continua Gandolfo con un briciolo di fierezza – perché abbiamo intuito che la nostra azienda aveva bisogno un una maggiore visibilità a livello di brand”.

Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo Alberto Tasca d’Almerita, Amministratore delegato dell'azienda brand storico dell’enologia siciliana, tutt’altro che preoccupato dinnanzi ad un’avvilente contrazione del mercato interno. “Crisi e calo dei consumi in Italia e l’entrata in vigore dell’articolo sessantadue hanno, in parte, ridimensionato le performance sommate  nei primi nove mesi del duemiladodici. Ma su quest’ultimo aspetto, l’obbligo dei pagamenti a sessanta giorni,  occorre attendere sino a marzo per stabilire quanto la fisiologica, naturale e comprensiva mossa di attingere alle scorte di magazzino dei nostri clienti abbia determinato il calo degli ordini. A consolarci, però – aggiunge Alberto Tasca – ci sono i mercati esteri con l’Oriente sempre in primo piano, non proprio coi volumi, ma con le dinamiche che anticipano interessanti sviluppi, da interpretare con nuovi strumenti e che si aggiungono a quelli stabili e collaudati, quali quelle della Russia Germania e del Regno Unito e ancora degli Stati Uniti e del Brasile, la cui sommatoria delle performance ci fa chiudere con un segno positivo che in parte stempera le apprensioni di una crisi il cui recesso è ancora ben lontano oltre l’orizzonte”.
 
Soddisfazioni e  apprensioni. Ma c’è chi mette in primo piamo significativi segni di ottimismo che emergono chiari dietro le nebbie della crisi.  Nascono da tangibili dati di fatto. A evidenziarli è Antonio Rallo, presidente di Assovini Sicilia e contitolare e direttore enologo di  Donnafugata. “La crisi economica italiana ormai è penetrata sino alle nostre ossa. Un ciclo che ancora non si è chiuso e dovremmo patirlo per molti mesi. Ma guai a rassegnarci e a subirlo passivamente – esordisce Antonio Rallo”. Ma alla crisi economica e all’articolo 62 si oppongono gli effetti positivi di quella discussa e temuta estirpazione dal “Vigneto Sicilia” di 30mila ettari. “Questo -dice Rallo – porterà come pochi hanno pensato  ad un calo  di produzione, e di offerta, a cui si opporrà un significativo  aumento della domanda che alla fine  genererà  un più stabile  equilibrio. Corroborato da  una maggiore qualità, senza contare i  benefici che apporterà soprattutto al brand Sicilia”. E non da meno il  ridimensionamento del segmento nella fascia primo prezzo. “Spariranno i piccoli produttori, quelli del vino da un ero e cinquanta. Con utili che cresceranno e che andranno a  gratificare i piccoli coltivatori e a rimpinguare anche tanti bilanci. Tornando all’articolo sessantadue, posso aggiungere – conclude Rallo – chissà che forse  un giorno potrà rivelarsi un evento positivo. Ma intanto l’unico effetto è stato l’ulteriore contrazione della domanda”.

“Chi conosce meglio il territorio ha già vinto la battaglia”. Lo dice Cotarella? No, lo ha detto molto prima anche Confucio. All’azienda Morgante si fanno forte di questo comandamento perché lì il Nero d’Avola offre una delle migliori espressioni della Sicilia. Questo aiuta non poco a gestire la crisi: “Lavorare sul prodotto di qualità è  una garanzia. Confortata dall’identikit del consumatore internazionale che non cerca solo un ottimo rapporto prezzo-qualità ma un buon rapporto valore-identità”. E’ quanto afferma Carmelo Morgante che spiega: “E' a questa categoria che noi poniamo le maggiori attenzioni, proprio quella del consumatore che cerca l’etichetta che esprima e che  parli chiaramente, come ci ha sempre ripetuto il nostro consulente Riccardo Cotarella, del territorio. D’altronde tutto il resto è noia, anzi quasi un dramma, con  la linea Horeca in picchiata, la grande distribuzione sempre meno affidabile. Con l’aricolo sessantadue forse questa pacchia per loro finirà e staremo poi a vedere gli effetti già dalle prossime settimane. Non ci resta che guardare all’estero. Abbiamo già vissuto le Torri Gemelle – conclude –  e questo secondo crollo ci trova consapevoli che nulla è irreversibile e ci porta a pensare che presto ce ne usciremo tutti”.

 “Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza.” Anche questa è una seconda massima che Alberto Buratto, Amministratore delegato di Baglio di Pianetto, l’azienda creata dal conte Paolo Marzotto a Santa Cristina di Gela in provincia di Palermo con in portafoglio una seconda tenuta in contrada Baroni, a sud della Sicilia in provincia di Siracusa, tiene sulla scrivania e la coniuga giornalmente come un credo. “Crisi sì – dice – ma noi abbiamo registrato una crescita a doppia cifra in questo duemiladodici con raddoppio del mercato siciliano  e un aumento importante sulle piazze nazionali ed estere. Il tutto lo spieghiamo, in primis, con l’ottimo lavoro dell’intera squadra. Che ha lavorato in tutti i reparti vigna cantina, direzione commerciale e distribuzione, con la massima professionalità e ottimi profitti. Speriamo che il tutto non venga vanificato dall’articolo sessantadue, una legge il cui spirito è corretto anche se solleviamo dei dubbi sulla sua applicazione. Rimando il tutto alla fine del mese di gennaio per stilare delle più valide considerazioni. Siamo ancora concentrati su i lusinghieri risultati e vorremmo confermarli anche per il duemilatredici. E siamo fiduciosi perché la qualità del nostro catalogo non ha bisogno di aggettivi, ci bastano i consensi ricevuti dalle guide, dai critici e dai consumatori. Ma soprattutto dagli effetti della domanda. Per la prima volta sono state esaurite le scorte di sette delle nostre tredici etichette del catalogo. Il loro è un posizionamento medio alto e questo di riflesso mette in evidenza il profillo di un consumatore sempre più attratto  da vini di  buona qualità. La nostra strada la scorgiamo  puntellata da indicatori che ci spingono verso la direzione che abbiamo già imboccato. Credo che non occorra aggiungere altro”.

Stefano Gurrera