Andrea Scanzi, sì quell’Andrea Scanzi ha scritto un bel libro sul vino, (sì sul vino, non su Salvini) nel 2007. Si chiama(va) Elogio all’Invecchiamento. Il libro è invecchiato molto bene, come del resto i vini di cui parla, ma il mondo, per fortuna o purtroppo è cambiato, tanto, forse troppo, diranno alcuni.
Da più parti, sui media ufficiali si sentono i lamenti su un Mondo del Vino, pardon wine world, che sarebbe sempre meno interessato ai grandi rossi da affinamento, ma con un gusto che guarda sempre più alla bevibilità ,alla freschezza e all’immediato, a vini ahimè da bere e non da degustare, al vino sempre meno liquido sacro e sempre più, udite udite, bevanda…
Il mondo del vino (wine world scusate) sembra quindi sempre più balcanizzato, tra una vecchia guardia di maschi bianchi di mezza età fuori forma fisica, con la camicia rigorosamente dentro i pantaloni che apprezza i grandi rossi invecchiati, i super tuscans, i grandi barolo, i brunello le etichette da lifestyle, condivise su Facebook, (sì hanno ancora Facebook), e dall’altra quello del presente, e del futuro, e, come canta un poeta ferrarese, “non c’è alternativa al futuro”.
In questo mondo, che assomiglia molto al mondo reale, in cui ci sono esseri umani, sì sono esseri umani anche loro, a cui non va di aspettare vent’anni per apprezzare le note evolutive e i sentori terziari, di un rosso, (tra l’altro da ritrovare in bottiglie i cui prezzi, solo i figli di oligarchi russi o narco influencer possono permettersi) e che hanno voglia solo di uscire la sera e bere vini freschi, appaganti, poco alcolici, che facciano solo(?) stare bene.
Quindi da un lato ci sono i grandi rossi che esistono quasi solo nei feed (di Fecebook) di quelli che non devono pagarli, etichette che nel mondo reale non ci sono, e dall’altro i vini semplici, alcuni dicono banali, che dal punto di vista dei poliziotti della qualità sono visti come semplici bevande a prezzi da mondo reale.
Voi da che parte scegliereste di stare?
Il vino naturale, o vero o selvaggio o boh, chiamatelo come volete, ha avuto se non altro un ruolo importante nel fare capire quanto certi paradigmi enologici e lessicali, sì le due cose vanno, sempre di pari passo fossero vecchi e noiosi, che i sentori di ribes di zest di lime, o di mora di rovo (sì di rovo vi giuro che l’ho sentito dire), fossero noiosi e brutti, sì le due cose cose vanno sempre di pari passo, le cose noiose sono sempre brutte.
Forse negli anni del trionfo della tecnica, della “perfezione” enologica delle masterclass con le slide, dove i tipi di suoli (spesso argillosi) facevano da padrone si era perso di vista il fatto che forse il vino può (deve) essere una cosa divertente, e che di base si beve anche (solo?) Per quello.
Ora che il mondo reale ha fatto irruzione nell’eno-mondo, e sotto le spinte salutiste, social, ed economiche del mondo vero, l’ eno mondo di prima, dei punteggi in centesimi, delle guide, dei poliziotti della qualità con le camicie sempre perfettamente stirate, è sempre più percepito come barocco, plutocratico e passatista, le uniche persone under 50 che si approcciano al mondo del vino sono accusate di superficialità, ignoranza, e incompetenza.
Superficialità perché non sono interessati alla composizione geologica e al tempo di affinamento del liquido che vogliono bere dopo essere stati al lavoro.
Ignoranza perché a volte, bevono vini rossi che hanno svolto la malolattica, senza saperlo, o che non comprendono che quelli che a volte trovano piacevoli sono in realtà difetti del vino.
Incompetenza perché se non sai cogliere la mora di rovo nel calice, all’olfatto beh, sei solo una persona triste che non avrà mai accesso al giardino dell’eden dell’eno piacere.
Sono colpevoli queste persone di bere bianchi torbidi, a volte arancioni con sedimenti evidenti nel bicchiere (ho visto persone nel 2024, analizzare ancora la visiva del vino con l’aiuto di un foglio bianco…), vini che non supererebbero l’esame di nessuna doc.
Sono colpevoli di bere vini rossi che hanno solo un anno, massimo due, con gradazioni alcoliche modeste, senza una storia pluridecennale, e magari da vigne che non sono state mai, proprietà di un barone o di un marchese, (sì nell’eno mondo, ma solo in quello i titoli nobiliari sono ancora, ben visti).
Il futuro settore del mondo del vino, formato da maschi bianchi di mezza età, deve essere nelle nuove generazioni, diverse, pop, social, fluid(e), che forse berranno altre cose che, forse saranno meno complesse, meno affinate, meno “importanti” ma l’alternativa sono kombucha e il seltz, a voi la scelta.