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Scenari

Vinitaly, patto con i produttori italiani: “Con noi per migliorare l’export negli Usa e in Cina”

15 Ottobre 2018
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(Giovanni Mantovani – ph Ennevi VeronaFiere)

di Michele Pizzillo, Milano

“Ci siamo, ed anche ben organizzati, usateci”. Non ha avuto nessuna remora Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere a pronunciare questa esortazione ai 40 produttori vitivinicoli – e non solo a loro – invitati al pranzo presso l’elegante ristorante Daniel, dedicato alle prossime attività di Vinitaly. 

Perché “siamo sempre più convinti che il vino italiano abbia bisogno di una scossa per incrementare le proprie performance all’estero, specie ora che sul mercato interno si riscontra un nuovo calo dei volumi venduti nella Gdo – ha sottolineate Mantovani – Vinitaly farà la sua parte intensificando il proprio ruolo di driver per il settore: pensiamo alla costruzione di eventi solidi negli Stati Uniti e in Cina e a un incremento della promozione e della formazione anche attraverso gli strumenti digitali; ma serve un’azione incisiva e un taglio netto su certe dinamiche sin qui riscontrate. Un upgrade nel modo di fare internazionalizzazione che parta dal governo del settore, e fa piacere constatare la comunanza di pensiero con il ministro Centinaio, che in materia di promozione ha le idee chiare”. 

Con la vendemmia agli sgoccioli, “è il caso di cominciare a parlarci di cosa dobbiamo fare nei prossimi mesi, magari dando l’avvio ad una nuova stagione di iniziative partendo dal “wine2wine” di fine novembre” visto che, secondo Mantovani “il commercio mondiale del vino vive da tempo stagioni felici e l’Italia è uno dei player che è cresciuto di più nell’ultimo decennio, ma non basta. Il nostro osservatorio ci segnala nei primi 7 mesi di quest’anno una crescita in valore rallentata se confrontata con gli altri top player mondiali. Allo stesso tempo, secondo le dogane, nei primi 8 mesi di quest’anno c’è stata una brusca frenata nelle importazioni dagli Stati Uniti, dove il nostro mercato è di fatto in recessione mentre la Francia nello stesso periodo cresce bene”. E, secondo l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, nel secondo quadrimestre si sono accentuate le difficoltà di crescita negli Stati Uniti, con il dato a valore delle importazioni di vino italiano fermo a +0,7% per un corrispettivo di 1,11 miliardi di euro. Un indicatore che assume maggior rilevanza se accostato al forte rialzo francese (+8,2%, a 1,18 miliardi di euro), in controtendenza rispetto a un valore globale delle importazioni di vino che vira in negativo (-0,6%). Sul fronte delle tipologie, gli sparkling tengono a galla il vigneto Italia con un ulteriore balzo del 16,3%, con gli champagne transalpini in calo del 5,2%. Discorso inverso invece sul prodotto fermo, che rappresenta oltre i 3/4 delle importazioni statunitensi. Qui il Belpaese perde a valore il 2,9% mentre la Francia vola a +15,1%. Il chè vuol dire che non tutte le aziende italiane, a prescindere dalle dimensioni, vivono bene: “C’è chi sta effettivamente bene, chi così e così, chi meno bene – ha sottolineato il direttore generale di Veronafiere – Se queste cose ce le diciamo, se ci sediamo attorno ad un tavolo e oltre ad esprimere questi concetti cominciamo anche a relazionare fra noi, le sfide che ci aspettano, ed anche subito, si possono affrontare insieme e con uno spirito più compattivo e con strumenti nuovi. Noi siamo pronti, ci dovete solo usare”.

Intanto Veronafiere mette in campo Vinitaly International Academy a cui fanno capo 162 tra expert e ambassador del vino italiano e che, ha annunciato Stevie Kim, diventeranno 400. Poi ha lanciato il “Vinitaly tradeaward” che per Mantovani “è un premio che riconosce a quanti, in Italia o all’estero, si sono distinti nel settore della distribuzione e del posizionamento commerciale del vino, dei liquori e dei distillati, con particolare riguardo ai buyer e ai responsabili degli acquisti per il settore horeca”. A loro, per il ruolo di congiunzione commerciale nella filiera, fino al consumatore, e di driver sempre più incisivo sui mercati internazionali, Veronefiere e Vinitaly vogliono assegnare questo nuovo riconoscimento”. E’, anche, un modo per sostenere l’export italiano che nei primi 7 mesi del 2018, su base Eurostat, l’Italia si conferma secondo player mondiale dopo la Francia e guadagna il 4,1% a valore. Ma sono tutti i top 4 esportatori a crescere, con la Francia a +6,4%, la Spagna a +6,7% e l’Australia a +6,1%. Con il Cile che nonostante una politica dei dazi favorevole perde il 6,6%. 

Dopo l’intervento di Mantovani è seguito un dibattito animato, tra l’altro da Lynne Sherriff general chairman di 5StarWines, da Matilde Poggi di Fivi, che ha sollecitato una maggiore attenzione da parte della politica per il mondo del vino perché la nostra immagine di qualità non ci viene adeguatamente riconosciuta. Da Angelo Gaja, che si è detto più preoccupato dalle agromafie e dai falsi prodotti italiani venduti all’estero ma, a differenza dell’italian sounding, arrivano da aziende italiani. Il produttore piemontese ha pure evidenziato la necessità di controbattere le affermazioni che vedono il vino come prodotto che fa male e “sarebbe il caso di separare il vino dagli spiriti e, a proposito dell’enoturismo, fare attenzione a non farsi tarantolare dal turismo di massa perché potrebbe farci perdere l’identità”, e su questo Gaja ha fatto il paragone con la Borgogna dove non vengono organizzati o autorizzati manifestazioni che movimentano grandi masse di persone. Ernesto Abbona, presidente dell’Unione Italiana Vini, si è detto ottimista perché il settore ha imprenditori preparati e “speriamo che lo siano anche i politici”; Ettore Nicoletto di Santa Margherita ha fatto qualche puntualizzazione sul turismo, dichiarandosi sostenitore di tutte le iniziative finalizzate a sfruttare le bellezze dei nostri territori “in questo paese c’è proprio bisogno di informare e di comunicare bene i tesori che abbiamo, se vogliamo portare appassionati nelle nostre cantine. Per me un esempio valido è la Napa Valley, dove le aziende vinicole fanno gran parte del proprio fatturato negli spacci annessi alle strutture produttive”. E, così, a conclusione del pranzo, non a caso organizzato da Daniel, ha detto Mantovani “per continuare a ricordare Gualtiero Marchesi, di cui Daniel Canzian è stato uno degli allievi prediletti” (e premiato come la migliore cucina d’Italia dal GattiMassobrio che sarà presentato a fine mese), non è mancato quel pizzico di pepe che può solo fare bene all’enologia italiana.