Il “cantinamento subacqueo” è un’opportunità di business sostenibile tanto che fondatori e board di Jamin Portofino UnderWaterWines (Antonello Maietta, Emanuele Kottakhs, Gianluca Grilli, Cristina Iacoucci, Alessio Bandinelli e Luca Mangiarotti) sostengono la loro affermazione con dati incontestabili. Intanto partendo dalla constatazione che per i vini che affinano in mare – a circa 50 metri di profondità – dove la temperatura è pressoché costante (13-14° quella del Mar Mediterraneo), sono riprodotte perfettamente le condizioni di una vera e propria cantina. Da questa constatazione (loro parlano di suggestione), evidenziata in occasione del primo meeting internazionale degli UnderWaterWines organizzato a Milano e in una location proprio in tema come l’Acquario Civico di Milano, nasce la storia di Jamin Portofino UnderWaterWines (Uww), fondata nel 2015 con l’obiettivo di utilizzare l’ambiente subacqueo per sperimentare una tecnica innovativa di conservazione ed evoluzione di prodotti alimentari allo stato liquido e con un team composto da ingegneri, fisici, biologi marini, sommelier, enologi e subacquei, all’interno dell’Area Marina Protetta di Portofino, il primo processo al mondo di affinamento subacqueo isobarico per lo Champagne.
“Numeri indubbiamente elevati – afferma Antonello Maietta, Presidente del Cda – ma in linea con le nostre aspettative, perché conosciamo il grande impegno messo in campo da tutta la nostra squadra”. “E che dimostrano – gli fa eco il founder Emanuele Kottakhs – la fiducia nel progetto, nel metodo che abbiamo sviluppato e nei risultati che si ottengono sui vini”. Il successo, possiamo dire, è immediato tant’è che nel 2021 Jamin lancia un equity crowdfunding che raggiunge in 72 ore l’obiettivo minimo; così, con 294 associati diventa la prima Pmi italiana specializzata in servizi ingegneristici per tecnologie e metodologie di cantinamento subacqueo. E, con numeri interessanti visto che Jamin ha già sperimentato e validato oltre 200 tipologie di vino Uww, realizza private label, raccoglie dati, investe in ricerca e sviluppo, deposita brevetti, attiva sinergie e collaborazioni istituzionali con le Università (Genova e Firenze) e dipartimenti privati, posizionandosi come il primo player in grado di certificare scientificamente i risultati dell’affinamento sott’acqua.
Quest’anno, poi, la scelta di trasformare Jamin in Società Benefit, con l’ingresso di Antonello Maietta – per tre mandati presidente di Ais – che assume la presidenza del Consiglio di amministrazione e con l’aumento di capitale di quasi 600.000 euro a fronte dell’obiettivo minimo fissato a 250.000. E, così, si dà il via ad una nuova era: Jamin 2.0. Al servizio di cantinamento conto terzi, affianca lo sviluppo di una rete di franchising per la realizzazione di cantine subacquee in diverse località in Italia e all’estero, contando già su 3 cantine sottomarine affiliate alla capofila di Portofino – Ravenna, Termoli, Cetraro – a cui se ne aggiungeranno, a breve, altre 4 in Campania, Abruzzo, Sicilia, Basilicata. Cos’è, allora, Jamin 2.0? E, qui, tra Maietta e Kattakhs, si capisce che Jamin 2.0 rappresenta la volontà di rendere applicabile e scalabile il know how acquisito da Jamin e permettere a qualunque imprenditore di aprire, in autonomia, la propria cantina subacquea tramite l’affiliazione in franchising, potendo contare, però, del know-how di chi, per primo, dallo studio è passato alla pratica dell’affinamento subacqueo. E, adesso, può stabilire se un vino sia adatto a diventare un Uww, attraverso rigorosi esami di laboratorio a terra, propedeutici all’immersione, seguiti da una serie di test su un numero limitato di bottiglie immerse a -52 metri nella cantina subacquea di Ricerca & Sviluppo, nella Cala degli Inglesi all’interno dell’Area Marina Protetta di Portofino. Un team specializzato di operatori marittimi e subacquei professionisti ne cura l’immersione, utilizzando una tecnologia sofisticata e mezzi specifici. Appositi sensori consentono di tracciare tutto il percorso subacqueo e di monitorarlo costantemente. Anche alle bottiglie sono applicati dei microprocessori per seguire l’intero processo evolutivo singolarmente, raccogliendo circa 40.000 informazioni per ogni singolo cantinamento subacqueo. È questo monitoraggio continuo che ha permesso l’accordo di cantinamento tra Jamin e l’Ente che gestisce l’Area Marina Protetta di Portofino, la quale beneficia di una serie di dati per la mappatura del fondale marino.
Una volta riportate in superficie, le bottiglie sono accolte nella cantina terrestre di Jamin, dove vengono poste in stabilizzazione, a temperatura e umidità costanti, insieme ai campioni terrestri dello stesso lotto analizzato. Una degustazione comparativa tra il campione conservato a terra e quello sottoposto ad affinamento nel mare, rigorosamente alla cieca, permette a un apposito panel di degustatori esperti di analizzare le differenze e di validare il prodotto.
In un mercato come quello del vino che vale circa 310 miliardi di euro a livello globale e prevede una crescita del +23% entro il 2027 c’è, insomma, lo spazio perché Jamin possa diventare un punto di riferimento e un modello di business replicabile per chi voglia sviluppare il cantinamento subacqueo affrontato con metodo analitico, scientifico e volto alla qualità del prodotto. Anche perché la maggior parte dei tentativi sperimentali gestiti in proprio dai produttori stessi, non sempre hanno dato risultati in linea con le aspettative. In Italia, per esempio, ci sono cinque produttori che affinano in autonomia il proprio prodotto, limitato nell’offerta di gamma e non appetibile nei numeri. All’estero l’attività di rilievo è sostanzialmente riferibile a pochi produttori, distribuiti tra Francia, Spagna, Portogallo, Croazia e Grecia che operano attraverso un modello buy and re-sell diretto, poco appetibile per la carenza di un approccio scientifico e senza alcun legame con il territorio.
E, poi, il team di Jamin è impegnato a ridurre gli sprechi sfruttando il fatto che l’ambiente sottomarino è refrigerato naturalmente e ideale per le bottiglie: non c’è bisogno di climatizzatori, né di creare strutture terrestri isolate termicamente, con un notevole risparmio energetico. Cantinare in subacquea riduce inoltre la necessità di magazzino e permette di limitare le dimensioni della cantina terrestre e il consumo di suolo. Inoltre, quando i prodotti sono immersi in aree di riconosciuto valore naturalistico nel pieno rispetto dell’habitat subacqueo, si crea una filiera produttiva di prossimità, si favoriscono le realtà economiche locali coinvolgendole nelle attività a supporto del business, promuovendo anche il turismo enogastronomico. Per raggiungere questi obiettivi, Jamin investe il 30% delle proprie risorse in ricerca scientifica in collaborazione con l’Università di Firenze, per sviluppare un recipiente innovativo e specifico, una Smart Cage, in grado di facilitare la gestione delle operazioni di immersione, ridurre l’impatto ambientale e consentire la lettura dei dati remota in tempo reale. Ma, anche, arrivare alla realizzazione di un nuovo tappo tecnico UWW Cork in sostituzione delle attuali capsule elaborate per singolo vino, utilizzabile nelle normali linee di imbottigliamento dei produttori o applicabile facilmente dal personale Jamin.