Al via stagione produttiva 2024 del Bitto Dop in Valtellina. Sono quarantacinque gli alpeggi coinvolti quest’anno (oltre 11mila ettari di pascoli e prati) che ospiteranno circa 3.000 bovine da latte e 300 capre, per rinnovare l’antico rito estivo della transumanza e creare il formaggio a latte crudo tra i più antichi d’Italia, prodotto da fine giugno a settembre in piccoli caseifici nella provincia di Sondrio e di Lecco (e in alcuni comuni limitrofi della Val Brembana) sulle vette tra i 1.400 e i 2.300 metri. Re della montagna e dei formaggi d’alpeggio, frutto di sapienti mani e di un lavoro faticoso che prevede due mungiture e lavorazioni in loco al giorno, il Bitto è il simbolo dell’intera Valtellina. Ad affiancarlo il Valtellina Casera Dop, il semigrasso di latteria (in dialetto caséra, la casa del lattaio) prodotto principalmente d’inverno quando le mandrie restano a fondo valle.
Due formaggi d’eccellenza e complementari raccontati ora da “Valtellina Casera e Bitto, una storia di unicità e gusto”, la nuova guida pratica del Consorzio, realizzata dall’esperto di enogastronomia Marco Bolasco e che mira a far scoprire ad avventori e appassionati il fascino, l’identità e le specificità dei due formaggi: si va dai consigli di degustazione in purezza – come creare bastoncini da spezzare a metà e portare al naso per sentirne i profumi, rigorosamente a temperatura ambiente – a pairing e accostamenti inaspettati, come quello con le albicocche fresche o con la birra Pale Ale, dalle curiosità, come le tre stagionature per tre diverse sfumature di gusto del Valtellina Casera (dal latte fresco alla nocciola, alla sapidità al fieno) a ricette veloci e facili da preparare. La pubblicazione, totalmente gratuita, è disposizione da oggi sul sito del Consorzio. All’iniziativa si affiancano inoltre tre nuove ricette inedite, firmate dallo chef Alessandro Negrini (Il Luogo di Aimo e Nadia, 1 stella Michelin): “Bucatino croccante con Bitto e pesteda”, “Asparago bianco con polenta “furmentùn”, salsa di stoccafisso e il Bitto Dop” e “Cannelloni con Valtellina Casera Dop, spinaci selvatici “Paruc” e funghi porcini della Valmalenco”. Le proposte, online da oggi sui social del Consorzio, sono piena espressione della montagna e del mondo delle latterie, intese come ambienti dove si trasforma il latte in formaggio.
“Bitto e Valtellina Casera sono formaggi radicati fortemente nel territorio, nella montagna e legati alla sua economia: da secoli ne narrano il fascino, ne sono l’espressione ma anche il sostentamento – ha detto Marco Deghi, presidente del Consorzio Valtellina Casera e Bitto in occasione dell’avvio dell’annata produttiva –. Oggi queste due Dop rappresentano 650 posti di lavoro per un fatturato alla produzione di 13,9 milioni e oltre 26,2 milioni di euro di valore al consumo, trainate per l’86% dal Valtellina Casera, che nel 2023 ha messo a segno un +3,4% in export. Numeri positivi che spingono a continuare ad investire in promozione e comunicazione dell’identità di questi formaggi, conosciuti dal 27% degli italiani, con una penetrazione al consumo cresciuta in un anno di 3 e 2 punti percentuali. Il Valtellina Casera, pur essendo il meno conosciuto è il più performante sui mercati del Nord Italia e all’estero. Per quest’ultimo ci aspettiamo un’annata sostanzialmente in linea con il 2023: fino a maggio 2024 sono quasi 100mila le forme marchiate Valtellina Casera Dop con un +7,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.”
“Valtellina Casera e Bitto, una storia di unicità e gusto – afferma Marco Bolasco – nasce per valorizzare tutto il bello e anche l’inatteso che c’è dietro Bitto e Valtellina Casera Dop: due formaggi unici e fortemente identitari che, chiusi gli occhi, esprimono appieno i profumi del territorio, dalle montagne alla Valle. Chi li conosce riconosce infatti in loro le note dei pascoli e il latte di montagna, del burro e dello yogurt in fase giovane e i sentori sempre più complessi con l’invecchiamento che vanno dal fieno alla frutta secca per il Valtellina Casera, alla pietra focaia per il Bitto. Il Bitto è poi talmente strutturato, nelle sue versioni dai 300 giorni ai 10 anni, da essere adatto come formaggio da meditazione, oppure solo al centro della tavola, magari affiancato ad una mela. Un pasto frugale per valorizzare il Re dei formaggi di Alpeggio, come facevano e fanno ancora i montanari”.