(Giuseppe Liberatore, presidente di Aicig)
Una sempre più tangibile preoccupazione aleggia sul destino dei trattati di libero scambio Ttip e Ceta che l'Unione europea sta portando avanti rispettivamente con Stati Uniti e Canada.
A esternarla è il presidente di Aicig, l'Associazione Italiana dei Consorzi Indicazioni Geografiche Giuseppe Liberatore che nel fare il punto sulle trattative dopo tre anni e quattordici round negoziali – l'ultimo si è tenuto lo scorso 13 luglio a Bruxelles – ci tiene a sottolineare come la conclusione dell'accordo sia in realtà sempre più lontana, in particolare sul tema delle Indicazioni Geografiche tra organizzazioni europee che chiedono un riconoscimento effettivo delle Ig sul mercato statunitense e stakeholder americani. Questi ultimi, pur non essendo contrari in linea teorica al concetto delle Ig hanno sottolineato come l'uso dei nomi generici che contraddistinguono prodotti alimentari d'origine statunitense non possa essere abbandonato perché il business annuale per i produttori americani ammonta a 21 miliardi di dollari.
“Non si tratta soltanto di un ritardo – spiega Liberatore – ma piuttosto di una presa di tempo in attesa di assistere agli sviluppi degli eventi che interesseranno gli Stati Uniti nei prossimi mesi, in primis l'elezione del nuovo Presidente. Sul mercato cinese il vino australiano cresce a vista d'occhio grazie ad un accordo di libero scambio tra i due paesi entrato in vigore lo scorso dicembre, mentre l'agroalimentare Made in Italy vive ancora nel limbo di una trattativa per un Ttip – Transatlantic Trade and Investment Partnership – che appare sempre più in alto mare. Questo perché alcuni paesi dell’Unione europea contrari impediscono una firma a breve del trattato, ma anche perché si sta alla finestra ad attendere la linea che deciderà di seguire il nuovo inquilino della Casa Bianca su tale argomento. Per sapere se i negoziati del Ttip andranno avanti anche nei prossimi mesi infatti, dovremo attendere l'esito delle elezioni presidenziali americane e solo una volta inquadrata la linea che intenderà seguire la nuova presidenza, potremo capire se l'accordo ha un futuro. Nel frattempo il lavoro fatto nei round tenutisi fino ad oggi è da considerarsi in sospeso”.
Intanto, anche il Ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda sembra mettere le mani avanti sull'esito incerto della firma del Ttip, ma anche del Ceta, il trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico che l'Europa sta conducendo con il Canada.
“Calenda ha ragione quando afferma che con molta probabilità non sarà possibile giungere ad un accordo entro il 2016 – prosegue Liberatore – o addirittura quando ipotizza che il Ttip potrebbe verosimilmente saltare se i tempi dei negoziati si allungassero ulteriormente nonostante il Consiglio Europeo abbia recentemente rinnovato il mandato pieno alla Commissione di condurre le trattative. A problematica si aggiunge tuttavia altra problematica se si considera che la votazione per la ratifica del trattato una volta concluso l'accordo tra le parti, dovrà coinvolgere tutti e 28 i paesi dell'Unione, compresi quelli contrari che non hanno intenzione di firmare il documento. Così, anche qualora si arrivasse a conclusione del percorso, sussisterebbe comunque il rischio che il Ttip non entri mai in vigore realmente. Vanificando di fatto tutti gli sforzi compiuti tra le parti per giungere ad un accordo che tenesse conto delle esigenze di entrambi”.
A rallentare le trattative del Ttip sembra essere infine anche lo spostamento dell'attenzione verso il trattato in negoziazione con il Canada, ovvero il Ceta, che la Commissione Europea sembra interessata a concludere entro l'anno.
“La commissione propone un accordo misto – afferma Liberatore – ribaltando di fatto una precedente posizione, il 5 luglio scorso la Commissione europea ha proposto formalmente al Consiglio della Ue la firma per la conclusione di un accordo di libero scambio con il Canada come 'accordo misto', che potrà essere applicato provvisoriamente compresa la parte delle IG, accordo che implica per entrare in pieno vigore la ratifica da parte dei parlamenti di tutti i Paesi Membri dell'Unione e siamo certi che alcuni di essi non hanno nessuna intenzione di ratificalo, rendendo nulli i lavori finora svolti”.
C.d.G.