di Roberto Chifari
L’allarme è stato lanciato dagli stessi produttori: le vendite della Bufala Dop campana sono crollate nelle ultime settimane di oltre il 60 per cento.
L’impatto ha colpito la filiera produttiva in maniera devastante. Il motivo è sempre lo stesso: l’emergenza coronavirus. Per una volta però, non entra in gioco la sicurezza dei lavoratori, quanto piuttosto la limitazione nei trasferimenti oltre confine: dalla Campania verso le altre regioni e soprattutto verso la Germania (il più importante importatore in Europa della bufala). La conseguenza è che con un export limitato, le produzioni sono crollate. A parlare sono i numeri: ad oggi sono stati prodotti 766mila chili di bufala contro i 2 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso, la produzione è calata del 60 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Numeri drammatici destinati a crollare ancora di più nelle prossime settimane. Ciò che limita ancora di più la produzione è la facile deperibilità del prodotto e la necessità di seguire il rigido protocollo della sua lavorazione. Due gli aspetti che la contraddistinguono. L’utilizzo esclusivo di latte di bufala intero fresco entro 60 ore dalla mungitura. E la zona di provenienza che costituiscono l’area territoriale della Dop (tutta la provincia di Caserta e Salerno. Alcuni comuni delle province di Napoli e Benevento. E ancora, alcune zone della provincia di Foggia, Isernia e alcune zone delle province di Latina, Frosinone e Roma). Insomma non si può fare bufala con altro latte e soprattutto non si può produrre in un’altra zona, se non quella di origine protetta.
E così per sopravvivere è una corsa contro il tempo per non rischiare di dover “buttare” questo patrimonio, ma con la difficoltà delle merci a transitare fuori dai confini nazionali, al momento la domanda va evasa solo all’interno dei nostri confini. Un danno per tutto il settore, soprattutto perché in Campania la filiera produttiva dà lavoro 12mila addetti. Ma non è l’unica preoccupazione che non fa dormire sonni tranquilli al Consorzio. La Coldiretti lancia un allarme che deve far riflettere su quello che portiamo ogni giorno sulle nostre tavole. Poco meno di 6 milioni di litri di latte straniero attraversano le frontiere e invadono l’Italia con cagliate congelate low cost di dubbia qualità in piena emergenza coronavirus. “Bisogna fermare qualsiasi tentativo di speculazione sui generi alimentari di prima necessità come il latte che – sottolinea la Coldiretti – nell’ultima settimana di rilevazione sui consumi ha registrato un balzo del 47% degli acquisti da parte delle famiglie, sulla base dei dati Iri che evidenziano anche l’aumento degli acquisti di formaggi, dalla mozzarella (+35%) al Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+38%)”. I dati sono stati incrociati con il report diffuso dal ministero della Salute. “Chiediamo di rendere pubblici gli elenchi dei caseifici che importano latte e cagliate dall’estero e vogliono abbassare le quotazioni di quello italiano, con il superamento delle attuali farraginose procedure di accesso ai dati – afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. Chi approfitta della situazione di emergenza venga escluso dai fondi previsti per sostenere il comparto agroalimentare come gli aiuti agli indigenti”.