Laureate, fanno figli dopo i 30 anni, guadagnano spesso meno degli uomini e sono ancora alle prese con il sessismo: ecco la fotografia della Donna del Vino degli Anni Duemila.
È questo l’esito di un’indagine-sondaggio promossa dall’Associazione nazionale Le Donne del Vino e presentata a Roma nella sala conferenze dell’Associazione Stampa estera. Un lavoro che in parte andrà a confluire nell’indagine mondiale di Wine Business International, la prestigiosa agenzia britannica di analisi sul vino. “L’indagine 2016 sulle Donne del vino rivela il nuovo profilo del mondo del vino italiano al femminile. Alcune conferme e molte sorprese, soprattutto riguardo a un sessismo superiore alle aspettative”, commenta la presidente nazionale dell’Associazione Donatella Cinelli Colombini. Presenti con lei Gabriele Micozzi, docente di Marketing della Luiss Business School, e Alfredo Tesio, coordinatore del Gruppo del Gusto della Stampa Estera.
Al questionario inviato nei mesi scorsi, hanno risposto produttrici, giornaliste ed esperte, enotecarie, ristoratrici di tutte le parti d’Italia, cioè il 24% della compagine sociale. “Su due punti c’è un’assoluta omogeneità di vedute – rileva la presidente – sul ruolo delle donne nel mondo del vino le cose vanno meglio, ma non bene e c’è ancora tanto da fare per raggiungere una reale parità di genere. Inoltre le donne prendono esempio da altre donne assumendole come modelli (82%) elemento quest’ultimo da non sottostimare perché le recenti indagini di Wine Economics sulle donne del vino australiane hanno invece rivelato la propensione del settore femminile del vino a conformarsi a comportamenti professionali e sociali maschili adattandosi a un ambito che le vede in netta minoranza”. Micozzi ha anticipato una ricerca che sta conducendo sulla psicologia che differenzia donne e uomini: “Sto analizzando la zona di confort del cervello che differenzia il modo di pensare della donna dall'uomo, la capacità di provocazione della mente, le attività in cui viene coinvolta una donna e quelle in cui viene coinvolto un uomo, le intelligenze diverse: radar per la donna, tunnel per gli uomini, la velocità del pensiero che oggi è molto più sviluppata nelle donne”. L’indagine sarà presentata ad aprile al Vinitaly.
Vediamo nel dettaglio cosa hanno risposto le intervistate:
PRODUTTRICI
Le conferme riguardano la scolarizzazione decisamente molto alta, per cui il 43% ha almeno la laurea e il 15% anche un diploma post universitario. Sorprende invece la difficoltà di conciliare la vita professionale e la nascita dei figli. Le Donne del Vino produttrici sono all’88% titolari o contitolari della cantina in cui lavorano, ma devono rimandare la nascita dei figli molto avanti nel tempo per cui la metà di chi ha fra i 40 e i cinquant’anni ha ancora figli minorenni. Una realtà diversa da quella idilliaca che tutti immaginano nel bucolico mondo del vino dove tutto sembra “a misura d’uomo” e dove invece i ritmi di lavoro e gli impegni professionali, spesso lontani da casa, creano una situazione poco conciliabile con la famiglia e simile a ogni altra attività di alto profilo. Da sottolineare che nessuna delle produttrici intervistate si dichiara pensionata benché il 19% di esse abbiano più di 60 anni. Evidentemente smettere di lavorare è un’eventualità non contemplata per le donne che fanno impresa. Si tratta nel 42% dei casi di piccole cantine con fatturato inferiore al mezzo milione di euro, solo il 17% raggiunge il milione e il 41% lo supera. Nonostante una dimensione aziendale che potrebbe creare dei limiti tutte esportano molto e il 52% ricava oltre la metà del suo business nei mercati esteri. Anche i dati sulla quota di vino con denominazione sul totale (69%) dimostra un deciso orientamento verso la qualità e il dinamismo, atteggiamenti confermati dalla diversificazione produttiva che riguarda l’85% delle Donne del Vino con quote di oltre un terzo del business aziendale. Il 21% ha anche la ristorazione in azienda e il 30% offre pernottamenti; plebiscitaria la vendita diretta (91%). Forte l’attenzione all’ambiente per cui il 27% produce biologico o biodinamico.
Le parti più sorprendenti dell’indagine riguardano la sezione che andrà a confluire nell’indagine mondiale di Wine Business International – reputatissima agenzia britannica di analisi sul vino – sulla condizione femminile del settore enologico. Si tratta di qualcosa di coraggioso e di mai analizzato prima. Alla domanda “Pensi di ricevere lo stesso stipendio che ricevono gli uomini che svolgono gli stessi compiti?”, il 29,9% ha risposto “no” e il 18% “forse no” benché, come detto prima, a rispondere siano state soprattutto le titolari delle cantine e le stesse abbiano dichiarato di retribuire, nel 96% dei casi, allo stesso modo dipendenti maschi e femmine. Per gli stessi motivi non sorprende che la domanda sugli atteggiamenti sessisti abbia ottenuto un “no” quasi plebiscitario (85%) benché ci sia anche chi è stata “insultata per non essermi sottomessa al boss” e si ammette che “le donne continuano a faticare il doppio per affermarsi anche nelle aziende familiari dove sono contitolari con uomini”. Più problematica la situazione nelle fiere dove il 21% delle produttrici ha dovuto difendersi dagli attacchi maschili o almeno contrastare un atteggiamento sessista.
ENOTECARIE E SOMMELIER DI ENOTECHE
Lo scenario peggiora quando a rispondere sono donne in posizione dipendente come le enotecarie e sommelier che nel 63% dei casi è certa o sospetta di guadagnare meno dei colleghi maschi, ma nella scelta del lavoro attuale ha privilegiato le imprese dove la differenza fra i generi è minore. Si tratta per il 75% di laureate o con diploma post universitario, ma benché il 50% abbia meno di 39 anni nella stragrande maggioranza dei casi non ha figli. Segno di un reale disagio a conciliare la carriera e la famiglia anche in presenza di contratti a tempo indeterminato.
RISTORATRICI
Meno scolarizzate (33% con laurea o diploma post universitario) e in grande maggioranza ultracinquantenni (72%) le ristoratrici che hanno risposto al sondaggio sono per la stragrande maggioranza titolari dell’esercizio in cui operano e, fra le Donne del Vino, quelle meno colpite dai problemi di genere.
GIORNALISTE – ADDETTE ALLE PR E MARKETING – ESPERTE E CONSULENTI
Sul fronte opposto le giornaliste, Pr e addette al marketing, consulenti ed esperte. La fascia di età delle intervistate si concentra fra i 40 e i 59 anni (63%) e il livello di istruzione è molto alto con un 66% che possiede una laurea o un diploma post universitario, mentre aumenta il dubbio o la certezza di venire retribuita meno dei colleghi uomini (62%). C’è persino chi ammette che, dove lavorava prima, “non era “concesso” alle donne ricoprire ruoli di alte cariche aziendali perché ritenute non idonee”. Il 25% delle intervistate ha subito difficoltà collegate alla maternità arrivate, in un caso, fino al licenziamento. Il 39% ha dovuto difendersi da atteggiamenti sessisti: da battute semiserie del tipo “meno rossetto e meno Armani gioverebbe alla tua carriera” a atteggiamenti di discriminazione arrogante “i miei capi famosissimi che mi prendevano sempre per la cameriera” fino a chiare richieste di prestazioni sessuali senza le quali non si viene neanche pagate. Anche per le giornaliste e le Pr le fiere sono un momento delicato in cui la probabilità di venire infastidita cresce di molto così come la sensazione di essere meno considerata per il solo fatto di essere donna. Ecco che la reazione è quella di mettersi in proprio e il 73% delle Donne del Vino intervistate hanno creato la propria impresa, spesso molto piccola (39% dei casi sotto i 100.000 di fatturato annuo).
CONSUMATRICI
Conferme e sorprese anche sulle donne consumatrici di vino prese in esame attraverso le interviste di ristoranti, enotecarie e sommelier. Tutte valutano le wine lovers donne in crescita quantitativa e qualitativa anche per l’abbandono di luoghi comuni che vedevano sconveniente il calice di vino in mano femminile in pubblico. Al ristorante la donna dice la sua nella scelta del vino solo se è in coppia, mentre quando è in gruppo è ancora l’uomo a decidere. A tavola le scelte femminili si orientano sui bianchi e in seconda battuta sulle bollicine. Per la consumatrice donna conta il gusto personale e il nome del produttore perché nella stragrande maggioranza dei casi sceglie i brand che conosce.
C.d.G.