Il maggior numero di siti Unesco del mondo, bellezze artistiche e architettoniche che tutti ci invidiano, buon cibo, vini eccezionali, paesaggi mozzafiato: insomma c’è tutto per essere un Paese turistico per eccellenza.
Eppure non è così. E lo spiega Gianantonio Stella in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera.
Solo per citare alcune differenze sostanziali con gli altri paesi, Stella mette a confronto i siti delle regioni italiane con quelle degli altri paesi. La Norvegia per esempio, ha tradotto il suo portale di benvenuto ai turisti in 16 lingue, la Sicilia, solo in due: italiano ed inglese. Ma è tutto il Sud in genere a faticare.
Eppure il Meridione avrebbe di che mostrare ai turisti: 18 siti Unesco, i vini e una gastronomia d’eccellenza più tre quarti delle coste italiane spesso bellissime e larga parte delle isole. Ma solo un ottavo degli stranieri che arrivano in Italia visitano il Sud e spendono solo un settimo dei soldi “turistici”. Per rendere meglio l’idea, i 3 miliardi e 238 milioni finiti al Sud sono meno di quanti sono stati lasciati dagli ospiti esteri nel solo Veneto e poco più che nella sola Toscana.
La Confesercenti dice che in realtà le cose stanno migliorando, non solo complessivamente. Perché le mete del Sud e delle Isole registrano un affluenza maggiore del 2,5 per cento dell’anno scorso; il Centro-nord aumento di 1,8 punti percentuali.
Ma adesso è tempo di diventare furbi, o meglio imprenditori e di chi ha fatto del tursimo una vera “macchina da soldi”. Un esempio su tutti, il Regno Unito che, pur avendo un terzo dei nostri siti Unesco (meno del nostro solo Meridione) e meno sole e meno spiagge e meno eccellenze gastronomiche, sta sfruttando al meglio il “travel boom”.
Spiega l’ultimo rapporto World Travel & Tourism Council che se noi ricaviamo da Venezia e dai faraglioni di Capri, dalle Dolomiti e dai Fori Romani, indotto compreso, il 10,1% del Pil, loro ricavano il 10,5. E se da noi lavorano nel turismo indotto compreso l’11,4% degli occupati pari a 2 milioni e 553 mila persone, da loro sono il 12,7% per un totale di 4 milioni e 228 mila addetti.
È chiaro ed evidente che qualcosa deve cambiare: i turisti ormai sono molto esigenti e chiedono trasporti efficienti, rete web, prezzi competitivi, pulizia… Quali danni fa il rimbalzo sui social network di certi viaggi infernali e pericolosi di qualche visitatore sulla Circumvesuviana?
Secondo l’ultimo Travel & Tourism Competitiveness Index, due anni fa, con parametri evidentemente forzati, eravamo al 26º posto, oggi va meglio: siamo ottavi. Miglioriamo per “accesso ai servizi igienico-sanitari”, “presenza delle principali compagnie di autonoleggio” o “copertura della rete mobile” (siamo primi!), per densità di medici (settimi) e “numero di siti naturali Unesco” (decimi). Ma restiamo al 133º posto per “competitività dei prezzi”. E siamo scesi al 35º per l’uso di Internet e tecnologie, al 48º per la sicurezza, al 70º per “qualità delle infrastrutture del trasporto aereo”, 123º per “efficacia del marketing nell’attrarre i turisti”.
Ed è qui, secondo Stella, ma anche secondo noi, che sta il problema. “Perché certo, il Sud ha buone ragioni per chiedere fibre ottiche, treni più decorosi e più veloci (Matera, futura capitale europea della cultura, è ancora tagliata fuori dalla rete), collegamenti aerei, campagne di spot che vadano ad acchiappare turisti nel mondo. E i ritardi dei governi in questi anni, spesso indifferenti al turismo, han finito per pesare di più sul Mezzogiorno – scrive Stella – Ma una migliore gestione potrebbe distribuire al Sud carte importanti da giocare. L’ultima tabella Eurostat (dati 2013) sulle prime venti regioni turistiche dell’Ue mostra al 6° posto il Veneto, all’11º la Toscana, al 13º l’Emilia-Romagna, al 19° il Lazio, al 20° la provincia di Bolzano. Del Meridione, nonostante quel patrimonio di bellezza e di cultura, non ce n’è una”.
È evidente che c’è un abisso tra chi investe sul turismo e chi no, come l’esempio di confronto tra la Norvegia e la Sicilia. Il Paese scandinavo non sarebbe, sulla carta, votato al turismo. O almeno così appare a chi identifichi la vacanza con spiagge, sole, vino buono, mozzarella e pomodori. Se poi l’unità di misura fossero i siti Unesco sarebbero guai. Ne ha sette, l’ultimo dei quali il sito industriale Rjukan-Notodden. Per capirci: noi potremmo allungare ancora la lista con la cappella degli Scrovegni, Segesta, la fortezza di Palmanova, i portici di Bologna… Quello che hanno, però, a partire dai fiordi, lo sanno vendere. Il loro sito (visitnorway.com) è fatto bene, ma soprattutto parla a quasi tutte le persone del mondo, visto che è stato tradotto in 16 lingue. Nel 2014 i norvegesi hanno incassato dal turismo, 5 miliardi di dollari. Poco meno di quanto incassa dagli stranieri l’intero Mezzogiorno. Quanto alla Sicilia, sul versante estero che rappresenta la metà circa dei propri ospiti, non arriva, compresi viaggi di lavoro, al miliardo e mezzo.
C.d.G.