È l’agricoltura il settore su cui si riversa la maggior parte delle perdite economiche e dei danni causati dalle calamità, triplicate negli ultimi 50 anni per frequenza, intensità e complessità.
Dagli incendi agli eventi meteorologici estremi, dagli sciami di locuste alla pandemia Covid. Lo rivela un nuovo rapporto della Fao, secondo il quale l’agricoltura assorbe da sola il 63% delle conseguenze dei disastri naturali, dove sono i paesi meno sviluppati e a reddito medio-basso quelli a sostenerne l’urto maggiore. Si tratta di emergenze che non solo mietono vittime, ma distruggono anche i mezzi di sussistenza agricoli e hanno ripercussioni economiche negative a livello di singole famiglie, comunità, nonché sul piano nazionale e regionale. Secondo il rapporto, tra il 2008 e il 2018 le calamità naturali sono costate ai settori agricoli delle economie dei paesi in via di sviluppo oltre 108 miliardi di dollari in termini di danni o perdite a livello di produzione agricola e animale. I danni possono essere particolarmente deleteri per la sopravvivenza dei piccoli produttori e degli agricoltori, pastori e pescatori di sussistenza. Nel periodo analizzato, la regione più colpita è stata l’Asia, che ha subito perdite economiche pari a 49 miliardi di dollari, seguita dall’Africa (30 miliardi) e da America Latina e Caraibi (29 miliardi). “Il caos creato dalla pandemia può gettare altre famiglie e comunità in difficoltà ancora più serie,”, ammonisce il Direttore generale, Qu Dongyu, nell’introduzione del rapporto, “le calamità generano un impatto diffuso, la cui dinamica può essere valutata e compresa meglio soltanto con azioni immediate, che consentiranno di ridurne e gestirne gli esiti con modalità integrate e innovative”.
Fao: siccità responsabile dell’82% dei danni in agricoltura
E’ la siccità la principale causa della perdita di produzione agricola, responsabile dell’82% dei danni rispetto al 18% dei contraccolpi registrati in tutti gli altri ambiti. Seguono le inondazioni, le tempeste, i parassiti e gli incendi boschivi. A stilare la classifica delle calamità che infieriscono sull’agricoltura è il nuovo rapporto della Fao. La mancanza di acqua nei campi danneggia in particolare i paesi meno sviluppati con danni per 37 miliardi di dollari. Anche malattie e infestazioni che colpiscono i raccolti e gli allevamenti animali sono diventati un importante fattore di stress, determinando tra il 2008 e il 2018 il 9% di tutte le perdite; ad aggravare la situazione è stata nel 2020 l’invasione di locuste del deserto che hanno devastato il Grande Corno d’Africa, la Penisola araba, e l’Asia sudoccidentale, mettendo a repentaglio la sicurezza alimentare. Nel frattempo, la pandemia ha aggravato ulteriormente i sistemi agroalimentari, pesando sulle economie di tutto il mondo.
Il Rapporto per la prima volta ha calcolato gli impatti delle calamità sulla sicurezza alimentare e la nutrizione. Si stima, per esempio, che tra il 2008 e il 2018 il danno in termini di mancata produzione agricola e animale nei paesi meno sviluppati e a reddito medio-basso ha causato una perdita di 6.900 miliardi di kilocalorie all’anno, equivalente all’apporto annuo per 7 milioni di adulti. Quanto al futuro per prevenire il rischio di calamità in agricoltura, secondo la Fao, i paesi devono adottare un metodo sistemico di gestione del rischio che tenga conto di più settori e più tipologie di pericolo. Occorre, infatti, calcolare non solo i rischi naturali ma anche le minacce antropiche e biologiche, come la pandemia. Via libera alle innovazioni, dal telerilevamento, ai droni alla tecnologia robotica , indicati dal Rapporto come i nuovi mezzi di valutazione e raccolta dati che possono rivelarsi estremamente utili per cercare di ridurre i rischi in agricoltura.
C.d.G.