Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Sergio Lovrinovich (Guida Michelin): ecco la ricetta per conquistare una Stella

15 Agosto 2014
guidamichelinitaliahp guidamichelinitaliahp

Intervista al curatore della Rossa: “La crisi non è finita, affrontatela così”. E poi racconta i suoi piatti preferiti. Il 4 novembre l'edizione 2015.

In cinque punti la ricetta per conquistare una Stella Michelin.

A svelare il segreto, se di segreto si puó trattare, non un nome qualsiasi ma il curatore della stessa Guida Michelin Sergio Lovrinovich che in un'intervista rilasciata a Cronache di Gusto mentre è impegnato a chiudere l'edizione 2015 della guida (sarà presentata a Milano il 4 novembre) traccia gli scenari attuali e futuri della ristorazione italiana. E parla di crisi e di possibili soluzioni, di chilometro zero e di consumi di vino. Ecco l'intervista.

Come sta la ristorazione italiana in questo 2014?
“Qualche piccolo segnale di ripresa c'è, anche se ovviamente le zone turistiche possono godere di risultati più immediati. Sono evidenti la grande energia e l’impegno dei ristoratori in questo periodo difficile, dalla selezione di prodotti meno “nobili” al già famoso chilometro zero che comportano un risparmio sul costo della materia prima senza rinunce sul piano della qualità. La ristorazione delle zone più “prestigiose” (come Capri, per esempio) trae senz’altro linfa dalla frequentazione di una clientela straniera spesso facoltosa. Notiamo l’aumento dei viaggiatori del nord Europa, che scoprono progressivamente, anche nelle loro terre meno ricche di varietà vegetale, cucine di avanguardia e di ottimo respiro internazionale. Il loro soggiorno italiano si rivela quindi un’esperienza mediterranea ricca di profumi e freschezza, cui ispirarsi una volta in patria”.

Ci sono differenze sostanziali tra nord, centro e sud Italia rispetto agli altri anni?
“La base è la medesima, la cucina regionale, basata sul territorio inteso come comune, provincia o regione a seconda della presenza di attività agricole e della quantità di ricette tradizionali disponibili. Quindi, maggiore utilizzo delle carni e cotture lunghe al nord, cucina di pesce e dai grandi profumi sulle tavole del sud. Per quanto riguarda le stelle, chi merita la distinzione può operare tra i puritani della propria cucina regionale come tra i più estrosi e creativi che propongono una cucina nazionale, internazionale e con aggiunte intercontinentali. Quest’ultima si trova da nord a sud indistintamente e dipende solo dalle esperienze e dalle idee degli chef. Dettaglio interessante: la buona percentuale di cuochi del sud che, una volta trasferiti in aree diverse della penisola, armonizzano piacevolmente la loro cucina fresca e seducente con alcuni prodotti e ricette locali, con il risultato di proporre piatti più leggeri, secondo la domanda attuale”.

La crisi fa sentire ancora i suoi morsi oppure il settore è in uscita dal tunnel?
“La crisi purtroppo continua. Nonostante ciò, il mercato si evolve e il ristoratore attento e perspicace individua nuove idee sia a livello di proposta gastronomica, sia di formula, per attirare le nuove generazioni e conservare i clienti fedeli: menu semplici per il pranzo, piatti unici gourmet, degustazioni a prezzi convenienti, serate a tema o con chef esterni di cucina regionale diversa e una nuova attenzione a prodotti in passato considerati “meno nobili”, soprattutto nel pescato locale”.

Nei menù ormai sono onnipresenti le variazioni di pesce crudo, il pistacchio in varie formule, l'uso del baccalà e del polpo, il pane fatto in proprio. Si tratta di mode passeggere o c'è qualcosa di più profondo?
“Il pane fatto in casa è un chiaro ritorno alle origini. A inizio secolo, in tutte le case di campagna il pane veniva prodotto dalle madri di famiglia con farine locali. Più che un lontano ricordo, oggi questa attività è segno di una ristorazione di qualità che investe sul tempo e costa economicamente meno in produzione, con risultati migliori rispetto alla maggior parte dei pani acquistati. Baccalà e polpo sono due prodotti del mare di facile reperibilità, che non pongono problema di quantità. Il pesce crudo non è tipico della nostra tradizione, ma è molto apprezzato non solo per l’attuale interesse per l’origine orientale, ma per la leggerezza e la facile digeribilità. Il pistacchio è un prodotto tipicamente locale (è famoso quello di Bronte in Sicilia), la cui qualità è conosciuta e nota ovunque. Un ottimo esempio della peculiarità dell'agricoltura italiana, che offre innumerevoli prodotti di nicchia. Invece, tra le mode attuali, non sempre riconducibili a un tipo di cucina, ci sono, per esempio, i fiori edibili aggiunti nelle preparazioni, gli accostamenti di prodotti del mare e di terra, l'orto privato dove trovare prodotti a chilometri zero”.

Cosa ne pensa della tendenza di andare in un ristorante e prendere un solo piatto? D'accordo la crisi. Ma non è una tendenza pericolosa per i ristoratori?
“Non è solo una tendenza, sono i tempi che cambiano. La vita nei nostri Paesi occidentali è cambiata: la nostra penisola non è più il Paese industrializzato degli anni del dopoguerra, ma un paese di servizi, e il pasto cambia di conseguenza: la sua utilità primaria si è trasformata in momento di aggregazione, lavoro, svago e socializzazione. La vita è sempre più sedentaria, e la necessità di rimanere in forma detta le regole quanto ai consumi “fuori casa”. La ristorazione deve necessariamente prenderne atto e modulare la sua offerta in base al tipo di domanda”.

Sempre meno gente consuma vino a tavola. Abbiamo toccato il fondo o continuerà a calare ancora il consumo dei vini al ristorante?
“Il consumo di vino a tavola è più “consapevole”. Sta, in realtà, migliorando la qualità della degustazione, anche grazie ai ristoratori più attenti, che offrono la possibilità di degustare i vini migliori anche al bicchiere. Chi produce vino di qualità può considerare questa pratica un vantaggio per sé e per il cliente, e, potenzialmente, potrà contribuire ad aumentare il livello qualitativo dei vini degustati”.

C'è una ricetta per conquistare una stella Michelin?
“Ce ne vogliono almeno 5: freschezza della materia prima, tecnica dello chef, personalità, corretto rapporto qualità/prezzo, regolarità e costanza della cucina”.

Il volto di Sergio Lovrinovich resterà ancora un mistero per i giornali e per molti ristoratori?
“Il ruolo di redattore capo è da considerarsi parte integrante dell’attività degli ispettori, che sono clienti come tutti. Il significato dell’anonimato sta proprio e solo in questo”.

Mangiare tra ristoranti e trattorie tutto l'anno. Poi finalmente quando l'ispettore Michelin è a casa…cosa mangia?
“Ognuno ha i suoi gusti, ma a tutti piace curare la cucina. Spesso siamo noi i cuochi di casa per gli ospiti e quando proprio siamo stanchi…una bella pizza napoletana! Una volta a casa, mi piace la semplicità. Al mercato, sono alla ricerca della qualità e stagionalità, oltre che di qualche affare sul pescato del giorno. Altrimenti, c’è la sana cucina della mamma, nel mio caso i pisarei e fasò e l’arrosto di cappone allevato libero nella campagna piacentina”.

F.C.