di Maria Giulia Franco
Quando arrestarono il boss Bernardo Provenzano, si scoprì che era ghiotto di cicoria. E parlando di quella verdura si pensa ormai sempre al capomafia.
La morte dell'altro corleonese Totò Riina avvenuta oggi all'alba ci fa riflettere su come la parola “mafia”, e tutto il contesto che la evoca, sia diventato un “brand” per pubblicizzare prodotti agroalimentari che vengono venduti in Europa e nel mondo, ma anche in Italia, con riferimento a personaggi ed episodi della criminalità organizzata. Ci sono il caffè “Mafiozzo” e i sigari “Al Capone”, la pasta “Mafia” e l'amaro “Il Padrino”. Oltre a questo fenomeno, che riguarda il cibo, c'è anche un elemento inquietante: sei italiani su dieci sono disponibili ad accettare un lavoro in un'attività gestita o legata alla criminalità organizzata. Lo ha reso noto la Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare”, promossa da Coldiretti. Spiega l'associazione che i prodotti sono molteplici: ci sono il caffè “Mafiozzo” stile italiano e i sigari “Al Capone”, la pasta “Mafia” e gli snack “Chilli Mafia”, l'amaro “Il Padrino” e il limoncello “Don Corleone”, il sugo piccante “Wicked Cosa Nostra” e le spezie “Palermo Mafia shooting” A Bruxelles si intingono le patatine nella “SauceMaffia” e si condisce la pasta con la “SauceMaffioso” mentre in tutto il mondo spopolano i ristoranti e le pizzerie “Cosa Nostra” e “Mafia” e su internet è possibile acquistare il libro di ricette “The Mafia Cookbook”.
L'associazione ha censito i prodotti agroalimentari venduti in Italia, in Europa e nel mondo con nomi che richiamano la criminalità organizzata e ha presentato i risultati durante l'odierna presentazione della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare”, promossa da Coldiretti con la Presidenza del Comitato Scientifico del procuratore Giancarlo Caselli. Presidente della Fondazione è lo stesso presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo che ha chiesto “l'intervento delle istituzioni nazionali e comunitarie per porre fine ad un oltraggio insopportabile. Siamo di fronte ad uno schiaffo all'immagine dell'Italia sui mercati globali”. A giugno scorso una foto condivisa su Facebook da Salvo Riina, figlio del boss, scatenò le polemiche. Era una foto del padre appesa alla parete di un ristorante a Tenerife, in Spagna, accanto a quella dei giocatori della nazionale italiana dopo aver vinto i Mondiali di calcio del 2006 e una foto dell'ex calciatore Roberto Baggio. “Alcuni miei grandi amici della Romania si sono trovati in questo ristorante e guarda che fotografia c'era sulla parete assieme ad altri personaggi italiani famosi nel mondo… Grazie amici miei”, aveva scritto Riina. Mafia e cibo.