Lo splendido albergo di Taormina ufficialmente nel gruppo di Giuseppe Statuto dall'1 novembre. Il ristorante bistellato Principe Cerami dell'Hotel si prepara al cambio epocale, con un nuovo menu e tante idee dello chef
(Lo chef Massimo Mantarro)
di Rosa Russo
Da tempo soffiava un vento leggero sul San Domenico Palace Hotel di Taormina del Gruppo Acqua Marcia. Un vento pieno di novità sul boutique hotel a cinque stelle che, in un’epoca ormai lontana, ospitava un monastero. Una lussuosa struttura che ogni giorno si specchia sul mare, riflettendo l’Etna.
Questa la cronaca recente. Dopo i numerosi rumor che si sono susseguiti durante il corso dell’anno e che davano per certo l’acquisto del San Domenico da parte dello sceicco Hamad Bin Jassim Althani, la scorsa primavera è arrivata – a sorpresa – la clamorosa notizia dell’acquisto all’asta (per 52,5 milioni di euro) da parte dell’immobiliarista Giuseppe Statuto che ha deciso di puntare a sud. Sulla punta di diamante del turismo siciliano.
Il gruppo leader del mercato immobiliare italiano, con particolare riguardo al segmento del lusso, possiede degli hotel che sono dei veri gioielli dell'architettura tra Milano e Venezia: il famoso Hotel Danieli a Venezia (gestito dal marchio Starwood Hotels & Resort Worldwide), il Four Seasons, il primo W Hotel d’Italia, il primo Mandarin Oriental Hotel in Italia e l’Intercontinental Grand Hotel Duomo a Milano, questi ultimi in fase di realizzazione.
Nel portafoglio di Acqua Marcia (la più antica società immobiliare che fa capo a Francesco Bellavista Caltagirone e posta in liquidazione dal 2013) rimangono, invece, altri grandi alberghi storici in attesa di conoscere il loro futuro. A Palermo l’incantevole Grand Hotel Villa Igiea (autentico gioiello liberty e un tempo fastosa residenza dei Florio), il Grand Hotel et Des Palmese e l’Hotel Excelsior Hilton. E ancora: l’Excelsior Grand Hotel di Catania e l’Hotel Des Etrangers & Spa di Siracusa. Il passaggio definitivo l'1 novembre.
(Il San Domenico Palace Hotel di Taormina)
Per adesso è la volta di Taormina che si trova in un momento di transizione, alla ricerca di un nuovo paradigma in grado di declinare un’offerta turistica d’elite più consapevole. Una consapevolezza che non è mai mancata all’elegante ristorante del San Domenico, Il Principe Cerami, premiato con due stelle Michelin, e gestito da Massimo Mantarro per nulla preoccupato da questo cambio al timone del San Domenico, considerato dallo chef stellato come una grande occasione per rilanciare ancora più in alto, l’ex monastero quattrocentesco che il Principe Cerami convertì nel 1866 in un lussuoso palace.
Un’arte sapiente, quella di Mantarro, ispirata dalla semplicità che si fonde con l’alta cucina, la tradizione e l’innovazione. Il tutto legato dal filo di una grande passione che nel giro di pochi anni ha trasformato il ristorante in un vero atelier di alta gastronomia, in grado di conquistare i palati più esigenti, in un abbraccio di luci soffuse e suggestive atmosfere.
Dopo la vendita del San Domenico al gruppo Statuto cambierà qualcosa nella cucina del Principe Cerami?
“Considero il passaggio del San Domenico al gruppo Statuto una cosa molto positiva che non ha cambiato, fino ad ora, nulla della nostra cucina, sempre attenta alla qualità delle materie prime e così continuerà ad essere. Nulla è cambiato anche perché i nuovi proprietari subentreranno il primo novembre. Fino ad ora, dunque, non c’è stata una vera discussione in merito, ma tutto lo staff è stato confermato. Non sono preoccupato perché sono sicuro che, se qualcosa cambierà, sarà in positivo. Mi riferisco ad interventi migliorativi, agli investimenti nell’albergo, alle tendenze nuove a cui andrà incontro, al nuovo restyling. Più qualità ci sarà, meglio sarà per l’intero comprensorio”.
Secondo lei arriverà una nuova clientela più internazionale con l’arrivo del Gruppo Statuto al San Domenico?
“Penso proprio di sì. Il target sarà chiaramente di alto livello come quello del Timeo o del Sant’Andrea per fare un esempio. Noi lavoriamo per un 70% con una clientela straniera soprattutto inglesi, francesi e qualche americano. Rispetto allo scorso anno i turisti russi sono un po’ diminuiti. Spero che con l’arrivo del nuovo gruppo aumenterà ancora di più la percentuale degli stranieri che arriverà nell’albergo”.
Ha già pensato al nuovo menu del Principe Cerami?
“Adesso siamo quasi in chiusura. Riapriremo nel 2017, una settimana prima di Pasqua. In questo momento non ho una idea ben precisa della nuova carta perché sarebbe prematuro. Di certo ci sarà tanta tradizione e tanto territorio come è stato fino ad ora. Indietro non si torna. Non è facile gestire un albergo. Io gestisco anche gli altri due ristoranti all’interno del San Domenico, mi occupo della banchettistica e tutto passa attraverso le mie mani. Tutto è studiato e curato nei minimi particolari”.
Sono tante le definizioni della sua cucina. Si è parlato di una cucina tradizionale rivisitata, corposa, ricca di sapori. Lei come la definisce?
“”La mia è una cucina semplice, molto legata al territorio, con alcuni segni esterni sulla tradizione. Cambiamo spesso la carta perché seguiamo le stagioni. Di conseguenza cambiano anche i piatti. Rimangono sempre nel menu due o tre capisaldi della mia cucina come il risotto di calamari. Ci sono, invece, alcuni ingredienti che amo particolarmente come il pomodoro che rispecchia veramente la sicilianità nel piatto. E’ pieno di sfumature, di profumi, di colori, di gusto. Per non parlare del pesce in generale che amo coniugare all’infinito”.