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Scenari

Roberto Actis, export manager Grandi Vini Group: in Brasile il vino italiano ancora non decolla

15 Febbraio 2012
Roberto-Actis Roberto-Actis

Il Vino italiano potrebbe quadruplicare le vendite in Brasile e nel giro di un anno, se solo i dazi per i vini europei non fossero troppo alti.

A dichiararlo è Roberto Actis (nella foto), export manager del Consorzio Grandi vini Group. L’importazione di vini sarebbe penalizzata infatti, come denuncia, da un sistema di dazi doganali che non consentirebbero alle bottiglie  europee di competere sullo scaffale con quelle sudamericane.

“In Brasile – spiega  Actis- ci sarebbero grandi potenzialità di crescita compromesse dalle politiche di protezionismo applicate dal Mercosur, il mercato comune del Sud America. C’è un gap enorme tra il prezzo di vendita in enoteca di un vino cileno o argentino e il vino europeo. Se a parità dello stesso costo franco cantina di 5 euro un vino sudamericano arriva allo scaffale a 15 euro, quello proveniente da oltre oceano sarebbe esposto con un prezzo di 45 euro. Parliamo in questo caso di un vino tipo Prosecco”.

Inaccessibili al consumatore medio sarebbero, rivela il giovane manager, proprio i vini icona del Made in Italy come Brunello e Barolo, venduti a 500 euro a bottiglia.

“E’ un vero peccato – continua Actis- che il vino italiano venga così tanto penalizzato solo per una questione di prezzo. Fatta eccezione per il Lambrusco, che s riesce facilmente a vendere grazie al basso costo: si pensi che rappresenta il 78 % delle vendite di vino italiano: su dieci bottiglie importate italiane, otto sarebbero di Lambrusco”.

Il Brasile rappresenterebbe un canale di sbocco privilegiato per i produttori italiani grazie al fatto che L’Italia, rispetto ad altri Paesi europei, godrebbe di un’immagine positiva e vi sarebbe  un bacino enorme di consumatori dato che circa 22 milioni di cittadini brasiliani, sono oriundi del Bel Paese. Inoltre, anche se per tradizione e storia non è produttore di vino, Il Brasile vanta una cultura enologica diffusa, tanto che non c’è ristorante, fa sapere Actis, che non si avvalga della figura del sommelier. Per il decollo delle importazioni il manager si fa portavoce del pensiero condiviso da molte cantine che esportano nel Paese lanciando un appello all’Unione Europea sull’urgenza di un’azione per l’abolizione delle accise.

Se ancora il consumo dei vini italiani non è esploso, due tipologie di vino in particolare, a detta di Actis, in questi ultimi anni, starebbero spopolando. Entrambi sono del Sud Italia, il Nero d’Avola  e il Primitivo di Manduria. Apprezzati dal consumatore brasiliano perché simili ai vini cileni e argentini. Al di là di questi  rossi, non vi sarebbero preferenze legate a particolari regioni italiane del vino, dato che le stesse non sarebbero conosciute a differenza della Sicilia, che invece è ben identificata dal punto di vista geografico. Persino il territorio dell’Etna comincerebbe ad essere riconosciuto.

Un settore che tarda a svilupparsi in Brasile, riferisce Actis, è quello dei  vini naturali. Attualmente, nel Paese non vi sarebbero ancora i presupposti per un mercato che accolga questa tipologia di vini guardati con diffidenza a causa del diffuso luogo comune che li etichetta come vini “fatti in casa”. “Sui vini naturali si è un po’ dubbiosi- afferma Actis- e suona come un paradosso dato che il Brasile è uno dei maggiori Paesi produttori al mondo nel comparto del biologico”.

Maria Antonietta Pioppo