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Scenari

Rivoluzione nel mondo degli extravergine: ora si punta sulle spremute di monocultivar

07 Luglio 2016
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Olio come il vino: a vincere nei prossimi anni sarà la spremuta di “monocultivar”, ossia quella ottenuta da singole varietà di olive.

E quindi leccino, coratina, frantoio, moraiolo, ogliarola e barese entreranno nel lessico comune dei consumatori al pari di sangiovese, merlot, barbera, nebbiolo e negroamaro. A lanciare la nuova sfida nella commercializzazione dell'extravergine d'oliva italiano è il Cno-Consorzio nazionale degli olivicoltori in occasione del 50esimo compleanno, che stima da questa operazione un valore aggiunto da almeno 1 miliardo di euro. L'extravergine d'oliva, quindi, dovrà puntare sulle differenziazioni per superare l'impasse nei mercati e nei prezzi. Nonostante i segni positivi dell'export e un fatturato da 3 miliardi di euro l'anno, il comparto soffre per margini esigui, scarso ricambio generazionale, contraffazioni massicce e politiche poco lungimiranti, a cui si è aggiunta la Xylella che pesa per milioni di euro. Da qui la necessità di una nuova strategia di lungo respiro per un prodotto vincente su tutta la linea, a partire dal fronte salutistico.

Tanto che, proprio il Cno, da anni accompagna una ricerca dell'Università di Bari che dimostra i benefici che il regolare consumo di olio apporta all'organismo soprattutto se di singole cultivar di olive. ''Il salto di qualità lo faremo producendo e promuovendo gli oli extravergini d'oliva mono-varietali – ha detto il presidente nazionale del Cno, Gennaro Sicolo – probabilmente tra cinquant'anni dire olio extravergine d'oliva sarà come dire vino, quindi una definizione generica che non dà connotazione al prodotto''. Una strategia condivisa dal presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, secondo il quale ''non basta più dire che un olio d'oliva sia italiano per reputarlo migliore di altri, ormai non può essere più l'unico elemento per vincere sul mercato''.

C.d.G.