(Vincenzo Liccardi)
Spuntano come funghi ma molte non riescono a decollare e velocemente chiudono le serrande per sempre.
Alla fine del 2015 in Italia si contavano circa 367 mila imprese legate al settore della ristorazione e della caffetteria, ben il 10% in più rispetto al 2011. Ma tra queste attività ben tre su quattro hanno abbassato la saracinesca entro 5 anni e quasi la metà, circa il 45%, non sono sopravvissute nemmeno al terzo anno di vita. E purtroppo la situazione non sembra migliorare. È la fotografia scattata da Unioncamere-Infocamere che ha analizzato i dati del Registro delle imprese italiane, soffermandosi in particolare su quelle legate al food. È indubbio che di imprenditori pronti a investire e a mettersi in gioco ce ne sono molti ma, una volta messa in piedi l’attività, solo pochi sono in grado di portarla avanti nel tempo.
La ristorazione attira soprattutto i giovani under 35, forse un po' costretti dalla necessità di inventarsi un lavoro, forse ispirati dalla creatività oggi attribuita a tali generi di attività, forse attratti dall'idea che sia semplice gestire un bar e un ristorante, complice anche il fascino dei programmi culinari che spopolano in televisione. Niente di più sbagliato. Se molti locali falliscono non è per colpa della fantomatica crisi economica ma dell’incapacità dei ristoratori di gestire la propria attività come una azienda. L’inesperienza è il più grande fattore di rischio per chi vuole aprire un ristorante. Molti ristoratori credono ancora che saper cucinare bene sia l’unica cosa che serva per avere successo in questo mercato. Non è così. Le capacità tecniche sono importanti ma non sono tutto. Ci vogliono anche competenze manageriali e la capacità di gestire se stessi e gli altri.
Investire nella ristorazione non è una passeggiata, anzi. Il percorso formativo è fondamentale ed è lungo e faticoso: si inizia dalla scuola, si deve fare tanta gavetta, girare il mondo per imparare e solo dopo anni di studio e preparazione si può pensare di aprire un ristorante. Molti neo imprenditori invece oggi navigano a vista senza una rotta ben precisa, finendo così contro l’inevitabile icerberg del fallimento. Quando si apre una attività, un errore comune è quello di non avere un progetto chiaro sin dall’inizio, un Business Model che definisca un’identità precisa attraverso la quale farsi conoscere e riconoscere dalla clientela. Molti ristoranti falliscono perché continuano a rimanere ancorati a sistemi gestionali antiquati e palesemente inefficaci, in cui si continua ad offrire “tutto a tutti”.
“Non capiscono – ha detto Vincenzo Liccardi, restaurant coach – che per avere successo bisogna uscire dalla massa, fare la differenza, proporre al cliente, intanto, qualcosa di unico che lo convinca a scegliere te al posto di un altro e poi devi fare in modo che questo qualcosa di unico arrivi, come comunicazione, al tuo target. Ai tuoi segmenti. Inoltre bisogna stare sempre al passo con i tempi, non farsi mai cogliere impreparati dai cambiamenti e ricercare sempre nuove opportunità per migliorare l’esperienza dei propri clienti e attirarne di nuovi. Questo processo di formazione continua purtroppo lo fanno in pochi. E sempre in pochi sfruttano le nuove tecnologie, come i canal social, per far conoscere la propria attività, la propria cucina, comunicare le novità e pubblicizzare le promozioni per fidelizzare i clienti più assidui”.
C.d.G.