da Torino Bianca Mazzinghi
“Ai piccoli agricoltori arriva appena il 10% del valore dei loro prodotti. Il restante 90% si perde nel caos che domina il percorso dal produttore al consumatore”.
La questione è sempre la stessa, come fa notare Hugo Valdes, della Cooperativa Sin Fronteras con base in Costa Rica, ma le soluzioni fanno fatica ad arrivare. Dal Sud America all'Europa il problema è il differente valore del cibo dall'origine al consumo. La filiera è subordinata all'influenza dei grandi distributori, ovvero la rete dei supermercati che inserendosi nel percorso, lo modificano fino a confondere i reali valori dei prodotti. La sfida è trovare modi per far sì che lo squilibrio diminuisca, ma sui 'come', poche sono le risposte.
Ne hanno discusso al Salone del Gusto Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, Sergio Marini, presidente Coldiretti, Vincenzo Tassinari, presidente COOP Italia, Fabio Sordi, direttore offerta e acquisti di Auchan Italia e Lorette Picciano, di Rural Coalition, organizzazione statunitense che cerca di proteggere le piccole imprese agricole.
Un messaggio comune è stato diffuso a turno da tutti i relatori: il cibo non è una merce e non deve meramente seguire le leggi dettate dall'economia, altrimenti le migliaia di piccoli fornitori che compongono il nostro paese resteranno costretti ad accettare le condizioni svantaggiose imposte dai grandi. “I prezzi troppo bassi proposti dai grandi distrubutori strangolano i produttori e tolgono alternativa ai compratori”, spiega Lorette Picciano, aggiungendo che negli Stati Uniti ciò è ancora più evidente perché non c'è quella ricerca della qualità più diffusa in Italia.
Tendenza su cui bisognerebbe puntare ancora di più di quanto lo si fa adesso secondo Farinetti. “La crisi – sostiene il 'Mercante di Utopie' – ha spinto tutti a cercare stili di vita e di alimentazione più semplici e genuini. Cerchiamo di sfruttare questa voglia”. Lui ha saputo cogliere in tempo la possibilità di fare affari “con il buono”, non solo nel gusto, ma, sottolinea, ciò che manca nel nostro paese è qualcuno chene sappia approfittarne ma nello stesso tempo rischiare e lanciarsi, sia in Italia sia all'estero, dove costante è la ricerca del marchio italiano ma non sempre garantita l'accessibilità.
Chi ci prova è Auchan, catena di supermercati francese che si propone di esportare le eccellenze italiane all'estero, fino in Cina. Un catologo in cinese mostrato da Sordi promuove il cibo della penisola, tra un pubblico perplesso. Alquanto paradossale che debba essere un distributore francese ad esportare il made in Italy nel mondo.