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Scenari

Questione dazi, il mondo del vino italiano la pensa così

03 Ottobre 2019
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Dal consorzio del Barolo a quello del Prosecco, passando per il Chianti Classico e Uiv. Tutti dicono la propria su questa importante vicenda che ha scosso i produttori italiani


(Dall'alto in senso orario:Matteo Ascheri, Ernesto Abbona, Carlotta Gori e Stefano Zanette)

di Giorgio Vaiana

Dazi sì, dazi no, dazi al 25 per cento, solo per alcuni prodotti. C'è ancora un po' troppa confusione per questa vicenda. E soprattutto non sembra una vicenda definitivamente chiusa. 

E se è vero che il Made in Italy potrebbe subire un duro colpo (leggi questo articolo>), il vino italiano dovrebbe scampare a questa inutile (secondo noi) guerra tra Stati Uniti e Europa. Ma tant'è. Matteo Ascheri, presidente del consorzio di Tutela di Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, è sereno. “Sono tranquillo e lo sono anche i miei colleghi – dice – Alla fine l'impressione è che quello che si dice potrà accadere non accadrà mai. Insomma questo modo di fare fa parte della politica di Donald Trump, è un po' come il cane che abbaia e non morde. La politica dei dazi è inutila da portare avanti sia da una parte che dall'altra. Con i clienti degli Stati Uniti è tutto ok, è un mercato molto importante per noi e abbiamo già messo sul piatto dell'Ocm circa un milione di euro con vari eventi a febbraio 2020 per la presentazione delle nuove annate. Comunque non è un argomento che ci provoca ansie. Credo che, invece, dovrebbe essere la Brexit motivo di discussione. La “dead line” è fissata al 31 ottobre e nell'incertezza gli importatori stanno comprando quanto più possibile e abbiamo avuto ordini pazzeschi. Ma dopo cosa accadrà? Ancora non sappiamo darci una risposta”. Il consorzio guidato da Ascheri esporta vino negli Stati Uniti con una quota che oscilla tra il 20 e il 25 per cento del totale prodotto e nel Regno Unito per una quota compresa tra il 10 e il 15 per cento”. 

“Questi provvedimenti non ci colgono impreparati – dichiara Stefano Zanette presidente del Consorzio tutela Prosecco Doc – infatti non siamo stati fermi e già prima dell’estate avevamo individuato e posto in atto delle misure atte a fronteggiare eventuali situazioni quali l’effetto Brexit o innalzamento dazi degli Stati Uniti. Inoltre abbiamo spinto l’acceleratore verso mercati meno consolidati e queste attività, con nostra sorpresa, ci hanno regalato grandi soddisfazioni. Un esempio? Tralasciando la crescita di Stati Uniti e Regno Unito, abbiamo registrato, solo per citarne alcuni: + 13% in Austria; + 31 % in Francia; + 38 % in Canada; + 69 % in Polonia; + 48 % nella Repubblica Ceca; + 33 % in Russia. Ciò detto, non siamo in grado di stimare né le dimensioni né gli effetti paventati da tale risoluzione, ma  abbiamo la consapevolezza di essere posizionati in un livello intermedio di mercato, un prodotto che si colloca nella fascia larga, quindi potenzialmente meno esposto”.

“L’esclusione del vino italiano dalla lista dei prodotti che saranno colpiti dai dazi, ci fa tirare un primo sospiro di sollievo e per questo il nostro ringraziamento va al premier Giuseppe Conte e alla Diplomazia italiana, oltre agli sforzi della Commissione dell'Unione europea. Gli Stati Uniti sono infatti un mercato fondamentale: si posizionano al primo posto nella graduatoria dei Paesi consumatori di vino con una domanda complessiva che è cresciuta negli ultimi 5 anni in valore di oltre il 30%, così come il quantitativo di vino esportato dal nostro Paese. Anche se per ora il pericolo è scampato, è però necessario mantenere alta l’attenzione e continuare un dialogo con gli tati Uniti, per evitare che la lista venga rivista e ampliata, considerato che secondo quanto comunicato dall’amministrazione americana, gli Stati Uniti hanno l'autorità per aumentare le tariffe in qualsiasi momento o modificare i prodotti interessati – dice Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini – Non è mai una buona notizia quando vengono approvate restrizioni al commercio. In questo caso, anche se non toccano direttamente noi, colpiscono il vino di altri Paesi e altri prodotti agricoli, alcuni made in Italy, che nulla hanno a che fare con la causa. Per questo invitiamo l'Unione europea e gli Stati Uniti a continuare a lavorare per una soluzione negoziale sul caso Airbus-Boeing che eviti l'escalation di una guerra commerciale che rischia di impoverire tutti. Uiv continuerà a monitorare la situazione e a sensibilizzare le istituzioni, anche perché il mercato statunitense costituisce uno sbocco strategico irrinunciabile per le nostre produzioni e la salvaguardia delle nostre imprese vinicole”.

“Questa vicenda ci ha preoccupati fin dal primo istante – dice Carlotta Gori, direttore del Consorzio Vino Chianti Classico – e ci rende particolarmente attenti. Abbiamo comunque avuto precise rassicurazioni dalla federazione nazionale che si sta mobilitando nei confronti dei ministeri e degli organi istituzionali perché si attivino per controllare al massimo questa minaccia sempre più forte negli Stati Uniti. Il nostro consorzio esporta qui oltre il 30 per cento della sua produzione (quasi 12 milioni di bottiglie) ed è un fenomeno che ci deve far preoccupare. Ma ciò detto – aggiunge la Gori – siamo convinti che la nostra collocazione negli Stati Uniti sia solida, importante e fidelizzata e pensiamo di avere gli strumenti adatti affinché non accada un'ipotesi comunque negativa, per tutto il wine e food europeo. Per il prossimo piano Ocm abbiamo comunque presentato progetti per gli Stati Uniti e siamo in attesa di conoscere quali verranno approvati. E' un mercato che continueremo a presidiare con attenzione”.