“Mangiare pesce fa bene alla salute”. Questo il dictat salutistico tanto sponsorizzato, ma secondo il responsabile Slow Food Italia per la Salute, Andrea Pezzana, occcorre fare doverose distinzioni.
Lo abbiamo incontrato in occasione di Slow Sea Land, la tre giornate sul pescato del Mediterraneo organizzate a Mazara del Vallo. “Le specie minori sono molto importanti anche dal punto di vista nutrizionale. Dappertutto si legge mangiate pesce, il pesce fa bene al cuore. Il rischio è quello di consumare del pesce che di omega 3 ne ha molto poco, come i pesci allevati, oppure di consumarne altri che contengono anche sostanze nocive. Il pesce di per sé non produce omega 3 – spiega Pezzana- ma ha la capacità di assumere e di concentrarne in sé”.
“Se compriamo del pesce di cui non abbiamo possibilità di ricostruire le modalità con il quale è stato allevato e nutrito, il rischio è un consumo di un prodotto che di sostanze benefiche ha ben poco. Dall’altro lato i grandi predatori, come il tonno, sono ricchi di omega 3. Ma va comunque sottolineato che si trovano alla fine della catena alimentare e dunque sono a rischio di estinzione e spesso una pesca che non rispetta la stagionalità, porta anche ad un deturpamento inevitabile dei fondali marini”.
Così il responsabile Slow Food Italia per la salute, lancia un appello a tutti i consumatori, invitandoli al un consumo consapevole e sostenibile del pesce, che rispetti in primis la stagionalità del prodotto, e alla ricerca, per la propria tavola, delle specie minori, spesso poco conosciute e poco apprezzate. Un atto culturale quello di mangiare pesce per dare anche riconoscimento alle piccole comunità che vivono solo di pesca.
“Si tratta di pesci che sono ricchi sostanze benefiche per il nostro organismo, inserite perfettamente nella catena alimentare e che di sostanze nocive, date le loro dimensioni, ne accumulano ben poco. Una “sensibilizzazione collettiva” deve partire dalle scuole, facendo conoscere ai bambini i prodotti del nostro territorio”, aggiunge.
Bisogna guardare un po’ alla tradizione, alla nostra cultura, cercando di recuperare le specie povere, come i tonni minori come l’alletterato, il sugarello, lo sgombro, le sardine con un risparmio e un abbattimento dei costi non indifferente”- conclude Pezzana.
Pesca sostenibile sarebbe la risoluzione del problema, ovvero dare fiducia a chi continua a pescare senza alterare la catena alimentare rispettando la stagionalità, incoraggiare un mercato del pesce che consente un abbattimento dei costi non indifferente, sfatando il mito che “per mangiare del buon pesce si deve spendere tanto”.
Maria Antonietta Pioppo