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Scenari

“L’Italia del vino esplori nuovi mercati”: il 54 per cento dell’export si concentra su tre paesi

23 Maggio 2018
New_York New_York

Poco più della metà delle nostre produzioni va negli Stati Uniti, in Germania e nel regno Unito. Nodo prezzi: nei paesi in cui siamo molto presenti, sono troppo bassi rispetto alla concorrenza

L'export del vino italiano cresce, nel 2017 ha sfiorato il record di 6 miliardi di euro, ma presenta luci e ombre, a partire dalla scarsa diversificazione degli orizzonti di mercato contro la quale, secondo l'analisi Mediobanca presentata all'assemblea annuale di Federvini, ''l'Italia deve ritrovare lo spirito dei suoi grandi esploratori. Anche perché il coraggio dei pionieri viene premiato dai buoni prezzi spuntanti in nuovi mercati''. 

Un invito subito colto dal presidente di Federvini Sandro Boscaini: ''La crescita di valore è una strada obbligata, l'investimento nei mercati internazionali deve essere elastico e quindi tornare senza svilimenti dei listini. Sulla qualità siamo bravi, ora serve far crescere la cultura di impresa e mettersi in moto per andare da pionieri in mercati lontani. Per un veneto come me – ha detto – il modello è Marco Polo''. ''Il nostro export vitivinicolo – ha precisato il responsabile Area Studi Mediobanca Gabriele Barbaresco – si concentra per il 54% in soli tre Paesi: Stati Uniti, Germania e Regno Unito.

Essere poco diversificati può essere rischioso anche in aree vicine culturalmente e geografiche come dimostrano incognite imprevedibili solo tre anni fa come Brexit e le politiche di Trump. Inoltre, il vino made in Italy dove conta di più si fa pagare meno: negli Stati Uniti e sul mercato inglese e tedesco una bottiglia italiana si vende a un prezzo medio di 3 dollari, la media nelle altre aree di sbocco è 3,8 dollari. Un paradosso, e il contrario di quel che avviene per i vini francesi; noi laddove siamo più presenti spuntiamo listini più bassi e ci facciamo poco. La nostra capacità di creare valore ha un potenziale inespresso''. Numeri alla mano, ''siamo assenti o sotto tono in tutto l'Emisfero Sud – ha sintetizzato dal palco di Federvini il direttore di Wine Monitor Denis Pantini – e nei mercati in cui l'Italia è più presente, il prezzo del prodotto è mediamente più basso rispetto ai mercati secondari. Secondo le stime di Nomisma sia per i bianchi fermi sia per i rossi fermi il prezzo medio italiano è più basso sia nei confronti di Francia (2,8 euro a litro contro 4,69 sui bianchi; 4,37 contro 5,36 sui rossi) sia nei riguardi della Nuova Zelanda (4,93 a litro per i bianchi e 7,71 per i rossi). Il rischio è di perdere una visione d'insieme tralasciando di esplorare aree geografiche più eccentriche, più rischiose ma anche a tasso di sviluppo potenziale maggiore (Sud America, Africa Australe, Sud Est Asiatico e Oceania)''.

C.d.G.