Continua la corsa degli spumanti made in Italy nei primi 3 mercati al mondo, si arresta quella dei vini fermi. E nel Regno Unito è sempre più Prosecco-mania, con la bollicina veneto-friulana che nel primo quadrimestre di quest’anno è riuscita nell’impresa di superare da sola le vendite in valore di tutti vini fermi italiani messi assieme. Un risultato – che l’Osservatorio Uiv ha registrato considerando i ri-export sul prodotto in transito soprattutto dal Belgio – senza precedenti, che fissa la crescita sul pari periodo dell’anno precedente del 127% a valore e del 74% a volume. Il Prosecco vale ormai oltre i 2/3 dei volumi di spumanti importati nel Regno Unito da tutto il mondo. Ma l’analisi di Unione italiana vini su base dogane compiuta sulle importazioni di vino imbottigliato dei top 3 mercati mondiali (Stati Uniti, Germania e Regno Unito) restituisce un quadro a luci e ombre. E molte incognite sul futuro. Il primo quadrimestre, complice una significativa battuta di arresto nel mese di aprile, si chiude con -1% generale in valore (dati armonizzati al dollaro, pari a 1,3 miliardi); a volume il segno vira ancor più in negativo: -4,1%, a 2,5 milioni di ettolitri. L’effetto è il combinato di 2 facce opposte della stessa medaglia: da una parte la tipologia dei vini fermi, con i volumi importati in caduta del -10% e i valori a -9%; dall’altra gli spumanti che volano a +17% a volume e a +30% a valore.
Tra i Paesi considerati, negli Stati Uniti i volumi imbottigliati registrano un decremento tendenziale di oltre il 2% per i fermi e un nuovo balzo degli sparkling (+12%). Luce rossa in Germania per entrambe le tipologie – rispettivamente a -18% e -12% -, mentre l’import tricolore nel Regno Unito è protagonista in negativo con i fermi (-8%) e in positivo per gli spumanti (+35%). Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi: “Riteniamo improbabile replicare le performance del 2021, un anno eccezionale che ha registrato crescite da aprile a settembre di quasi il 30%. Questo sarebbe un anno normale, se non fosse per un conflitto che ha acuito la tensione sui costi energetici e su quelli delle materie prime secche. Una congiuntura, a cui si aggiunge l’inflazione, che si fa difficile e che impatta mediamente sulle nostre imprese per il 20-30% in più rispetto al costo del prodotto finito. Per questo – ha concluso Frescobaldi – sarà opportuno considerare con le istituzioni delle azioni straordinarie di strutturazione del settore in difesa di fattori esogeni sempre più frequenti e in favore di nuovi progetti di internazionalizzazione”.