Inizia il progetto “Denominazione per la sostenibilità”. Il presidente Zanette: “Il nostro impegno ambientale”
Da tempo il dibatto sulla sostenibilità nelle sue diverse accezioni è divenuto tema imprescindibile per l’agricoltura a tutti i livelli, da quello locale a quello internazionale, dal mondo della produzione a quello dei consumatori.
Ciò che ne consegue è la necessità di adottare politiche chiare, coerenti e soprattutto praticabili non solo dal punto di vista tecnico ma anche economico e culturale. Per questo dal conrozio Prosecco Doc contano di giungere nel più breve tempo possibile ad una certificazione che attesti dapprima la sostenibilità del prodotto, quindi dell’intera denominazione Prosecco. Ciò avverrà mediante un sistema di gestione che non si limiti alle buone pratiche agricole (comprendendo anche il biologico e la lotta integrata) ma includa anche le buone pratiche socio-economiche. Si tratta di un modello capace di favorire il confronto con le comunità locali, al fine di promuovere e far meglio comprendere l’importanza delle operazioni di sostenibilità, adottate in un’ottica di miglioramento continuo.
“Sulla base di questo presupposto, consapevole dello sforzo che il sistema produttivo del Prosecco sarà chiamato ad affrontare – dichiara ufficialmente il presidente del Consorzio Prosecco Doc Stefano Zanette – comunico che con la pubblicazione del nuovo “Vademecum viticolo 2017” andremo ad eliminare le principali molecole oggetto di dibattito: Glifosato, Folpet e Mancozeb. Queste, ancorché ammesse dalla normativa vigente, sembrano essere diventate fonte di preoccupazione sia per le popolazioni residenti che per i consumatori. Mi impegno affinché il divieto all’utilizzo di questi principi attivi risulti cogente, ovvero obbligatorio per tutti i produttori della nostra Denominazione. Ci si è infatti resi conto che l’immaginario è importante quanto il reale; di fronte al disagio di una comunità alla quale apparteniamo ci spetta far sì che la gente sia orgogliosa e felice di vivere nelle terre del Prosecco, facendoci carico anche di quell’esiguo 3% della popolazione che, sulla base di una recente ricerca, vedono nella viticoltura una minaccia più che un’opportunità”.
C.d.G.