di Emanuele Scarci
Il virus lascia un segno profondo sul Prosciutto di Parma ma le elezioni imminenti per il rinnovo del consiglio di amministrazione del Consorzio e la nomina del presidente si svolgono in un clima apparentemente più disteso rispetto al passato, avvelenato dallo scandalo dei falsi prosciutti e dal cambio dell’ente di certificazione.
Il 29 giugno i membri del cda coopteranno il nuovo presidente che non potrà essere Vittorio Capanna, incandidabile per statuto dopo due mandati consecutivi. Il nuovo cda dovrà gestire il nuovo disciplinare approvato dal ministero delle Politiche agricole e affrontare una situazione di mercato difficile: probabilmente dovrà ritoccare il tetto di equilibrio produttivo che non potrà più essere per il 2021 i circa i 9 milioni di pezzi, pena lo scivolamento dei prezzi. Nel 2019 il prezzo medio del Parma è stato di 27,2 euro/chilo contro il 29,1 euro chilo del San Daniele. Il prezzo medio degli altri marchi è stato di 20,3 euro/chilo. Il giro d’affari del Prosciutto di Parma è stimato in 1,7 miliardi di euro al consumo.
Un anno da dimenticare
Nel 2020 la produzione di prosciutto di Parma è calata del 2,2% a 8,7 milioni di pezzi e le vendite del 10% a 7,8 milioni. La pandemia e il primo lockdown hanno messo a dura prova in particolare i produttori concentrati sull’Horeca e le vendite al banco taglio nella grande distribuzione che si sono riversate sul preaffettato in confezione +21% che beneficia di una shelf-life più lunga. Alla fine però il dato annuale del canale moderno è stato del -5,6%. Anche l’export ha tirato il freno, con una contrazione del -3% a 2,5 milioni di pezzi. Il 2021 si preannuncia ancora difficile, almeno nella prima parte dell’anno, ma si notano comunque i primi segnali di ripresa della domanda che con la riapertura della ristorazione e del settore alberghiero, spera il Consorzio, porteranno a una crescita dei prezzi all’ingrosso attualmente ancora non remunerativi.