di Titti Casiello
A partire da quest’anno l’Unione Europea conta di investire oltre 40 milioni di euro nella promozione del bio: l’obiettivo è arrivare nei prossimi anni al 25 per cento di superficie coltivata ad agricoltura biologica.
E l’Italia che nel solo 2020 ha visto un aumento di oltre il 20 per cento nel consumo del biologico tra grande distribuzione organizzata e discount, stenta, però ad essere pronta. Rimane, infatti, ancora dormiente sulle scrivanie dalla Camera dei deputati, il ddl numero 988 trasmesso dal Senato, ormai il 24 maggio 2021, che dovrebbe essere varato in attuazione alla disciplina comunitaria di riferimento. Il fiore all’occhiello dei 20 articoli del testo intitolato “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” sarebbe, infatti, la promozione del nuovo marchio “Bio Italy” del quale ne beneficerebbe, quindi, l’export dell’intera filiera alimentare nazionale. Al via, quindi tutta una serie di misure per il sostegno del biologico, tra cui l’istituzione di un tavolo tecnico, di un piano triennale nazionale e, soprattutto, di un fondo per sostenere le pratiche colturali bio. Eppure nonostante i buoni propositi, l’approvazione del disegno di legge, stenta ad arrivare, continuando a rimanere protagonista, quasi indiscusso, solo il tanto dibattuto articolo 1 che al comma 3, ha equiparato, l’agricoltura biodinamica a quella biologica.
Il testo (che recita “Ai fini della presente legge, il metodo di agricoltura biodinamica, che prevede l’uso di preparati biodinamici e specifici disciplinari, applicato nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell’Unione europea in materia di agricoltura biologica, è equiparato al metodo di agricoltura biologica), ha, infatti, scatenato l’opinione pubblica visto che, se venisse approvato, una quota di fondi destinati alla ricerca scientifica e alla formazione nel settore biologico dovrebbe essere divisa anche con l’equiparato biodinamico. E così dal polverone sollevato con l’emendamento proposto (e non accettato) della senatrice a vita Elena Cattaneo, che nel richiedere l’eliminazione dell’equiparazione qualificava le pratiche biodinamiche come “pratiche antiscientifiche, esoteriche e stregonesche” si è passati poi alla lettera aperta di oltre venti scienziati – trasmessa alla Camera dei Deputati – per chiedere che nessun finanziamento pubblico venisse destinato ad un’agricoltura definita come una “pratica esoterica opposta e inconciliabile con qualunque dato scientifico”.
Giusto qualche mese di silenzio, e, ora, si ritorna di nuovo a un gran parlare. E’ degli ultimi giorni, infatti, la dichiarazione di Carlo Tricarico, presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica (Apab) che, prendendo le mosse dai risultati di una recente ricerca francese che confermerebbe “l’efficacia scientifica della biodinamica e smentisce gli attacchi infondati contro la sua equiparazione all’agricoltura biologica” rimarca che “entrambe sono una priorità per l’Italia, si approvi al più presto il disegno di legge 988, già votato dal Senato a maggio e purtroppo bloccato alla Camera ormai da sei mesi”. Si ritorna, così, di nuovo a parlare di bio, biologico e biodinamico con il rischio, però, di perdere di vista l’obiettivo e arenare nuovamente l’approvazione del ddl n 988. Perché forse la domanda più utile da porsi sarebbe, non tanto la differenza tra due metodi agricoli, ma il fine, ultimo, di questo disegno di legge. E il ddl in questione, altro non vuole essere che la diretta applicazione di un Regolamento approvato nel 2018 dall’Unione Europea per favorire lo sviluppo e la competitività della produzione agricola con metodo biologico. Biologico, appunto, e non biodinamico. Ed in questo l’autonomia degli stati membri, come è noto, è alquanto limitata, per cui ben poco spazio potrebbe essere lasciato per decidere cose diverse da quelle stabilite dall’Unione europea. Qui si parla unicamente delle sovvenzioni che potrebbero essere riconosciute o meno a chi è certificato biologico. Dunque se non hai il marchio bio non sei finanziato. Non c’è altro da aggiungere. L’essere biodinamico diventa quel quid in più che, però, non ha nulla a che vedere con la proposta di legge e soprattutto con i suoi fondi.
Con l’approvazione definitiva del ddl numero 988, la biodinamica verrebbe, quindi, finanziata solo se in linea con i protocolli dell’agricoltura biologica. Dunque, un’azienda potrà accedere ai fondi europei solo se, oltre ad essere biodinamica, sarà, prima di tutto biologica certificata. Se poi un agricoltore certificato biologico vuole seminare in base alle fasi lunari o spargere il cornoletame questi sono esclusivamente fatti suoi. Ma ciò che è certo è che i soldi europei verranno stanziati non perché è biodinamico, ma perché la sua azienda è certificata biologica. Quindi se siamo tutti d’accordo che per ora affermazioni come “lo Stato finanzia la biodinamica” o “lo Stato finanzia il cornoletame” non corrispondono al vero, a questo punto, allora è lecito chiedersi: ma se lo Stato o meglio l’Unione europea finanzia solo il biologico e non la biodinamica allora perché questa precisazione nel testo del ddl numero 988? La mia risposta, propositiva, è che ci stiamo preparando, seppur con i nostri tempi italiani, ad un cambiamento al quale è giusto e doveroso dare peso. La biodinamica non è una “stregoneria”, ma pur lasciando i dati scientifici a chi sa interpretarli, un dato di fatto, però, esiste. E forse verrebbe da pensare che il disegno di legge in questione stia preparando le basi proprio per riconoscere questo dato di fatto. E il dato è quello economico, come quello riportati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che attesta, che nel 2018, per ogni ettaro in agricoltura italiana coltivato in modo convenzionale c’è stato un reddito di € 3.207; mentre ogni ettaro coltivato ad agricoltura biodinamica ha prodotto un reddito di 13.309 euro. Quindi anche ammesso che oggi, per qualcuno, la biodinamica non abbia alcuna dignità scientifica, conti in tasca, però è indubbio che la biodinamica rappresenta un segmento di mercato capace di creare un notevole valore aggiunto (e per giunta fino ad oggi lo ha fatto con investimenti suoi e senza nessun aiuto dallo Stato). E allora perché non riconoscere questo peso? Solo per stabilire se il biodinamico è equiparabile al biologico (in un ddl che, come scritto, è relativo alla sola promozione dell’agricoltura biologica e che prevede fondi solo e soltanto se si è certificati biologico) perché dobbiamo denigrare un sistema che esporta il 95 per cento del prodotto e garantisce agli agricoltori un reddito di 13.309 euro ad ettaro? Giocare all’inquisizione in questa annosa lotta tra distinzioni di metodo potrebbe far rallentare ancor di più il processo di approvazione del ddl n. 988 e, forse, questa volta essere tutti uguali non potrebbe che farci bene.