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Gli scarti della produzione di whisky utilizzati per prodotti farmaceutici, alimentari, bevande e cosmetici: la scoperta da 90 milioni di sterline in Scozia

13 Agosto 2024
whisky whisky

L’Università di Aberdeen ha collaborato con l’azienda chimico-farmaceutica Ripcell per trovare nuovi metodi di estrazione di sostanze chimiche a base biologica dai rifiuti delle distillerie di whisky.

Come riporta The Drink Business, il marchio di whisky scozzese Chivas Brothers, di proprietà di Pernod Ricard, ha fornito per il progetto campioni di rifiuti provenienti da 25 delle sue distillerie in Scozia.

I ricercatori che hanno condotto lo studio hanno scoperto che, utilizzando un nuovo metodo, i prodotti di scarto del processo di produzione del whisky possono essere estratti per essere utilizzati nell’industria farmaceutica, alimentare, delle bevande e cosmetica. 

I ricercatori hanno dichiarato che la scoperta potrebbe valere fino a 90 milioni di sterline nei mercati globali della produzione chimica. 

Utilizzata una tecnica di separazione nota come cromatografia liquida per isolare ed estrarre gli acidi dal pot ale. Hanno poi adattato il metodo per recuperare ulteriori solventi dalle fecce esauste.

I residui della pot ale vengono tipicamente riutilizzati per applicazioni quali i mangimi per animali. Le fecce esauste, invece, finora tendevano a essere scartate.

La dottoressa Eve Wildman, fondatrice di Ripcell, ha definito il potenziale del processo “enorme”, considerando che “ogni anno l’industria scozzese del whisky produce circa 2,6 miliardi di litri di acque reflue”.

Ha aggiunto: “Per decenni, la maggior parte di questi coprodotti è stata utilizzata come mangime per animali, ma noi abbiamo trovato una nuova e più valida opzione per trattare le fecce esauste che potrebbe cambiare il modo in cui le distillerie gestiscono e trattano i loro residui”.

I composti estratti da questi prodotti di scarto potrebbero essere utilizzati per la produzione di prodotti chimici a base biologica. I ricercatori che hanno condotto lo studio sostengono che questo metodo ha un’impronta di carbonio significativamente inferiore rispetto a quelli prodotti attraverso i tradizionali percorsi petrolchimici. Le loro stime indicano che, su scala globale, il nuovo metodo di produzione di prodotti chimici mirati potrebbe ridurre le emissioni dell’industria di 392 milioni di kg di CO2 equivalente all’anno.

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