Era già ampiamente conosciuta ai tempi della Magna Grecia (Sud Italia) e dell’Etruria (Italia Centro-Occidentale), dove veniva però chiamata in altri modi. E oggi dopo tanti secoli resiste ancora anzi prospera. Oltre 1 italiano su 2 (54%) mangia la pasta ogni giorno, con il pranzo pasto d’elezione per 8 italiani su 10. Un rapporto quasi d’affezione che lega gli italiani ai piatti della tradizione, è passione forte e questione identitaria. Non a caso, ne siamo i più grandi consumatori, con oltre 23 chili annui pro-capite.Il Sud batte il Nord 7 a 4 sul consumo quotidiano. Secondo un censimento di Unione Italiana Food, su 500 formati di pasta esistenti, sono circa 200 le ricette regionali documentate in una iniziativa di documentazione voluta per riscoprire tutte le tradizioni “local” della pasta. Emilia-Romagna è al primo posto con 12 ricette regionali di pasta. Seguono a pari merito Piemonte, Toscana e Campania con 11 ricette.
“Il nostro Paese è una grande risorsa di biodiversità – dice il nutrizionista Luca Piretta – che trova la declinazione ideale nella pasta, un piatto unico completo. Come a dire, si dice pasta ma si legge Dieta Mediterranea”. E un recente studio sul tema di Preply, piattaforma per l’apprendimento delle lingue online, che ha analizzato le ricerche in rete per scoprire quali sono le ricette più amate. A vincere sono i piatti di pasta italiani con la pasta alla Norma in testa al podio seguita dagli gnocchi alla sorrentina campani (2° posto), i tortellini emiliani (10° posto), i culurgiones sardi (13° posto), la Carbonara (20°). “La pasta in Italia ha tante radici – conclude Margherita Mastromauro, presidente dei pastai di Unione Italiana Food – visti gli stretti legami che ci sono fra le diverse tradizioni locali. Attraverso il Paese la pasta si è arricchita, diventando espressione di geografie, territori, latitudini, culture a cui le aziende che producono pasta hanno gradualmente aggiunto valore grazie al loro saper fare e all’avanzamento tecnologico nella produzione. Se i formati di pasta secondo il censimento di Unione Italiana Food sono 500, sono altrettante infatti le ricette regionali che la vedono protagonista”.
La pasta è considerata dal popolo italiano, oltre che un alimento, un elemento di unione condiviso in tutta l’Italia: essa è parte integrante della vita, della cultura popolare (semplice ma tradizionale) di tutti gli italiani, non solo della loro cucina, ma della loro stessa essenza, da sempre. Gli ambienti, i fenomeni e le atmosfere che girano e si creano intorno a un piatto di pasta, entreranno nell’immaginario collettivo riguardante l’italiano medio in tutta Europa e nel mondo intero, prima nella letteratura e nella musica durante il Medioevo, poi nell’Opera e nel teatro del periodo rinascimentale e, infine, nel cinema in epoca odierna, offrendo lo spunto per molti capolavori di fama internazionale, che sono da sempre parte dell’italianità. Riferendosi all’unità d’Italia, a volte politicamente discussa, Cesare Marchi, riconobbe nella pasta un potente simbolo unitario e così la descrisse:
“…il nostro più che un popolo è una collezione. Ma quando scocca l’ora del pranzo, seduti davanti a un piatto di spaghetti, gli abitanti della Penisola si riconoscono italiani… Neanche il servizio militare, neanche il suffragio universale (non parliamo del dovere fiscale) esercitano un uguale potere unificante. L’unità d’Italia, sognata dai padri del Risorgimento, oggi si chiama pastasciutta”, scrive Cesare Marchi, nel libro Quando siamo a tavola, edito da Rizzoli nel 1990.