Dalle parti dell’area di produzione del Parmigiano Reggiano hanno già stappato un po’ di bottiglie di un’altra eccellenza italiana come le bollicine, perché il 2021 è stato un anno record per la produzione di campione dell’agroalimentare italiano.
Record che ha interessato sia le vendite e i prezzi, con un giro d’affari al consumo di 2,7 miliardi di euro (è il massimo storico) contro i 2,35 miliardi del 2020, sia il valore generato dalla produzione con 1,71 miliardi di euro contro gli 1,52 miliardi dell’anno precedente, sia la produzione stessa che cresce del 3,9% arrivando così a 4,09 milioni di forme che rappresenta il livello più elevato nella storia del Parmigiano Reggiano. A declamare questi numeri – ovviamente con una buona dose di orgoglio – il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli affiancato dal vice Guglielmo Garagnani e il giornalista Dario Donato a coordinare i lavori, che in uno dei saloni del Palazzo Turati, sede della Camera di Commercio di Milano-Monza Brianza-Lodi, ha evidenziato che questo è il formaggio italiano più venduto nel mondo. La quota export, infatti, è del 45% (+2,9% di crescita a volume rispetto all’anno precedente), con gli Stati Uniti che si confermano primo mercato (21% dell’export totale, + 10,4% rispetto al 2020), seguito da Francia (19%), Germania (17%), Regno Unito (11% e qui l’effetto Brexit ha prodotto un -15,6%) e Canada (5%). Sono volumi che orientano il Consorzio a puntare sempre di più verso l’estero, ha sottolineato Bertinelli, dopo aver confermato che da noi la grande distribuzione organizzata resto il primo canale distributivo (51%), seguita dalle vendite dirette nei caseifici che registrano un forte aumento, e dall’industria (14%) che beneficia della crescente popolarità dei prodotti caratterizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti. Il canale Horeca rimane fanalino di coda, e quindi è un enorme potenziale di sviluppo, ma recupera volumi e si attesta al 7% del totale rispetto al 2% registrato nel 2020. Il restante 8% è distribuito negli altri canali di vendita. E, così, l’Italia rappresenta il 55% del mercato, registrando un incremento dei consumi pari a +4,5% rispetto ai livelli pre-pandemia: 89.101 tonnellate nel 2021 contro le 85.258 del 2019. E poi, il mercato del Parmigiano Reggiano sta diventando sempre più internazionale.
Per Bertinelli “la tregua che il Covid sta dando all’Europa potrebbe preludere, secondo l’Oms, alla fine della pandemia. La nostra filiera non solo ha retto all’onda d’urto del Covid, visto che è riuscita ad espandere i consumi e a trovare la stabilità dei prezzi alla produzione. Ora che stiamo uscendo da questa fase, dovremo fare fronte ai riflessi di un mercato che è stato tonico ma che potrebbe manifestare – a seguito di un aumento produttivo trainato dai prezzi e dalla domanda – dei problemi di eccesso di offerta. Il piano marketing e i nuovi piani produttivi, deliberati dal Consorzio nel dicembre scorso, sono i due strumenti principali con i quali ci apprestiamo ad affrontare queste sfide di breve e medio termine per posizionare, ancora una volta, il Parmigiano Reggiano su una traiettoria di crescita forte e di lungo periodo”.
Senza dimenticare l’impatto sociale del Parmigiano Reggiano perché, ha evidenziato Guglielmo Garagnani, è un presidio che ha frenato lo spopolamento delle aree più svantaggiate dell’appennino Emiliano-Romagnolo, visto che tre quarti dei 2.373 allevatori conferenti latte ai caseifici, vivono nelle aree collinari e montane dove sono anche in attività 93 dei 305 caseifici produttori aderenti al Consorzio. E, prima di concludere l’incontro, il presidente e il vice presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano hanno anche citato un dato negativo, la chiusura di 108 allevamenti che, però, erano condotti da anziani. Nessun giovane ha dismesso la propria stalla e questo è un monito a fare sempre meglio, ad incentivare anche la vendita diretta perché è un modo per fare scoprire pure le attrattive turistiche del territorio che produce il formaggio italiano più famoso al mondo. Per questo è già attiva un’app turistica per agevolare la visita dei caseifici, aggiungendo indirizzi di alberghi, di ristoranti e di chi propone altri prodotti tipici.
Michele Pizzillo