di Manuela Zanni
Palermo è una città ricca di tante sfaccettature e di mille angoli nascosti, tutti da scoprire, noti solo a chi questa città la beve come acqua un assettato, lasciando che gli scorra nelle vene come linfa vitale e che sappia amarla incondizionatamente come si ama qualcuno nonostante i suoi difetti.
In occasione del quarto fine settimana de “Le Vie dei Tesori” noi siamo andati a spasso per la città, in piena sicurezza e nel pieno rispetto delle norme previste dall’ultimo Dpcm, alla scoperta delle meraviglie, artistiche, culturali e gastronomiche, di cui pullula il capoluogo siciliano. Una edizione inedita quella de Le Vie dei Tesori di quest’anno che corre sul filo di esperienze insolite che ti vien voglia di raccontare subito e che confermano la necessità del momento di aprire palazzi, oratori, torri e musei, di un festival che, come tutti, sente il bisogno d’aria. Da qui la necessità di cercare spazi aperti, che si aggiungono ai luoghi che, come ogni anno, vengono narrati, in cui respirare, scoprire, osservare, volare, cavalcare nel verde; scoprire i salotti Liberty, ascoltare le nobildonne, visitare un palazzo settecentesco con la guida di un principe o un’antica polis con gli archeologi. Il festival “4.0” che per primo ha predicato l’acquisto online e l’ingresso smart tramite coupon elettronici, mostra di avere tutte le carte in regola per garantire piena sicurezza. Ingressi contingentati, prenotazioni online (i non prenotati entrano solo se ci sono posti liberi nei turni), audioguide d’autore ascoltabili dal proprio cellulare e, naturalmente, mascherine per tutti sono alcuni dei motivi per i quali il pubblico ha risposto con una buona affluenza nei primi quattro weekend a Palermo, nel Ragusano e a Noto, dove l’edizione ha chiuso i battenti lo scorso fine settimana, mentre a Palermo proseguirà fino al 7 e 8 novembre.
(L’interno della chiesa di San Matteo)
La nostra passeggiata inizia dalla celebre piazza Marina, che rappresenta, a ragion di merito, il fulcro dei palazzi più antichi e famosi della città di Palermo, che, oggi opportunamente restaurati, riportano ad atmosfere ottocentesche grazie alle loro tipiche facciate che vanno dal color “carta da zucchero” (il cui nome si rifà all’ antico colore della carta dell’involucro dello zucchero Eridania) al rosso pompeiano. La prima doverosa tappa prevede caffè e cornetto allo storico bar di piazza Marina, il Caffè Lucà, dagli arredi in stile liberty e dalle splendide vedute sulla piazza, dolce preludio al ricco programma che ci attende. Iniziamo, così, il nostro itinerario, come pellegrini diretti alla Mecca che, in questo caso è la Chiesa di San Matteo, scrigno d’arte dalle volte affrescate da Vito d’Anna, gli stucchi del Serpotta e “lo Sposalizio della Vergine” di Pietro Novelli, il grande artista monrealese che qui realizzò, forse, la sua opera più bella.
(Piazza Pretoria)
A questo punto possiamo proseguire il nostro percorso lungo corso Vittorio Emanuele verso piazza Pretoria, detta anche “Piazza delle Vergogna” per la nudità delle statue che compongono la bellissima fontana che ne costituisce il cuore scolpita, tutta in marmo di Carrara, dallo scultore Francesco Camilliani. Una volta salite le scale, dinanzi a noi si apre la splendida vista della piazza attraversata la quale, sulla sinistra incontriamo la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, tripudio di barocco che trabocca di opere d’arte. L’interno, a navata unica, mostra gli affreschi di Francesco Sozzi e Alessandro D’Anna, le decorazioni di Filippo Randazzo e gli stucchi di Procopio Serpotta e Giacomo Guastella. Una volta qui, inebriati dal profumo di vaniglia e cannella che ci accompagna lungo i corridoi candidi e spogli dell’antico monastero, è d’obbligo visitare la pasticceria, non senza passare dal chiostro in fiore.
(Il chiostro)
In questi luoghi dall’indiscutibile fascino e bellezza, nascosti alla vista dei più, scorreva lenta la vita delle sorelle che si dedicavano alla creazione di piccoli capolavori di pasticceria, vere e proprie opere d’arte, uniche testimonianze di una esistenza vissuta esclusivamente al femminile tra le mura conventuali. Nascevano qui alcuni dei più importanti tesori della tradizione gastronomica siciliana creati dalle sapienti mani delle monache di cui oggi restano poche tracce, a rischio di oblio, poiché le ricette sono state tramandate per secoli in forma esclusivamente orale. Oggi le antiche ricette sono state riprese per sottrarle all’oblio oltre che per pagare le spese di restauro del monastero. Nucatoli, trionfi di gola, sospiri, minne di virgini e “fedde del cancelliere”, sono solo alcuni dei dolci antichi che fanno bella mostra di sè dalle vetrine lucide e trasparenti, adornate con pizzi e merletti della pasticceria del convento offrendo un affascinante ed imperdibile tuffo nel passato.
Dopo aver deliziato la vista ed il palato con I dolci del Convento di Santa Caterina, prima di proseguire il nostro cammino, è d’obbligo una tappa alla Torrefazione Stagnitta, in discesa dei giudici, tempio del caffè dove la scrittrice Giuseppina Torregrossa ha ambientato il libro “La miscela segreta di casa Olivares”. Fu Giovanni Stagnitta, nel 1922, a fondare la “Torrefazione Ideal” nella vicina piazza Venezia e a trasferirla qui dopo l’alluvione del ‘31. All’interno dei locali-gioiello è possibile ammirare due sculture lignee dell’ebanista D’Angelo raffiguranti la filiera del caffè. E poi ci si perde tra profumi, miscele e racconti, per ritrovare sè stessi e “pasteggiare la vita” in un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato e assaggiare un caffè che profuma di storia.
(La vista dalla cupola della chiesa del Santissimo Salvatore)
Così, corroborati, ci dirigiamo lungo il Cassaro Alto verso la Chiesa del Santissimo Salvatore dove, secondo tradizione, presero i voti due donne care ai palermitani, la giovane Rosalia che, in seguito si ritirò da eremita a Montepellegrino, e la regina Costanza d’Altavilla che poi, lasciò il monastero, si sposò e diede alla luce l’imperatore Federico II. Dentro stucchi, decorazioni, marmi policromi e affreschi di Vito d’Anna. Fiore all’occhiello della visita è la splendida vista di cui si può godere una volta in cima alla cupola, una delle più belle di tutta la città. Da Palazzo dei Normanni al porto, da Monte Pellegrino al mercato di Ballarò, dalla Cattedrale al Teatro Massimo. Dagli eleganti palazzi nobiliari alle catapecchie, ruderi e antichi edifici sventrati dalle bombe. Un luogo magico che racconta la Palermo dai mille volti e dalle altrettante contraddizioni.
Se siete appassionati d’arte, poi, sulla strada del ritorno non perdete le visite guidate de Le Vie dei Tesori anche alle due mostre-evento appena aperte “Ritratto di ignoto. L’artista chiamato Banksy” al Loggiato San Bartolomeo e “Heroes – Bowie by Sukita” alla Fondazione Sant’Elia nell’omonimo palazzo. Nel primo caso l’artista si infila nel limbo tra cultura analogica e digitale diventando un tubo di connessione in bilico tra la sua formazione e la realtà “liquida” dei giovani millenial. Nel secondo cento opere, straordinarie e immersive per penetrare l’universo visionario di Bowie magistralmente interpretato dal fotografo Masayoshi Sukita.
Ormai si è fatta ora di pranzo. Se vi fosse venuta voglia di consumare il primo pasto serio della giornata sarà l’olfatto a guidarvi da “Franco u Vastiddaro” all’inizio di corso Vittorio Emanuele per gustare panelle e crocchè, simbolo dello street food siciliano. Se, invece, preferite un pasto completo non vi sarà difficile trovare ristoro in uno dei tanti ristoranti disseminati lungo il Cassaro, soprattutto se non avrete la pretesa di un tovagliato in georgette, in cui gustare le tipicità locali. Ne uscirete sazi di cibo ma, soprattutto, ebbri di vita.
(Le sorgenti del Gabriele)
Dopo pranzo consigliatissima la passeggiata alle sorgenti del Gabriele, per raggiungere le quali vi occorrerà un mezzo di locomozione. Si tratta, infatti, di arrivare alle sorgenti naturali ai piedi della “conigliera” oggi gestite dall’Amap. Un luogo dall’atmosfera suggestiva, un antico “tempio dell’acqua” che ancora oggi rifornisce l’acquedotto palermitano. Nei preziosi quaderni del marchese di Villabianca si fa risalire il nome Gabriele alla parola araba “Al Garbal” che significa grotta irrigante. Il sito è costituito da quattro sorgenti da contatto nelle quali l’acqua sgorga tra le rocce per naturale deflusso. Info e prenotazioni, 091 8420000, tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 18.