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Scenari

Ondata di calore sui vigneti: irrigare sì o no? Vignaioli ed enologi divisi

24 Luglio 2015
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di Francesco Pensovecchio e Giorgio Vaiana

Un caldo anomalo che ha colpito tutta l’Italia. A cominciare dal Nord per poi scendere fino al Sud. Temperature anche sopra ai 40 gradi con grandi sofferenza per l’agricoltura in generale, ma soprattutto per i vigneti. 

Noi abbiamo fatto un giro tra le aziende, per sapere la situazione, non solo metereologica, ma per capire quali interventi sono stati messi in atto o stati predisposti per difendersi da questo caldo così “strano” che non si vedeva dal 2003, almeno stando a quello che dicono gli esperti. Ed anche per conoscere i dettagli sulle irrigazioni dei vigneti: c’è chi effettua delle “campagne” di soccorso, chi non irriga e chi, invece, lo fa abitualmente.

Importante regola da applicare in agricoltura condivisa da tutti: non usare l’acqua se non ve ne è strettamente bisogno. Ciò premesso, quando è effettivamente necessario? E nel caso della vite, come comportarsi?

Vi anticipiamo che la soluzione non è affatto chiara o univoca, e che professori, agronomi e stimati professionisti hanno opinioni diametralmente opposte, anche entro la stessa area
 


(Paolo Cianferoni)

Chi non lo fa è Paolo Cianferoni, che ha l’azienda a Radda in Chianti, in provincia di Siena. Grazie alle escursioni termiche tra il giorno e la notte che possono raggiungere anche i 20 gradi. “I terreni sono molto freschi – dice Cianferoni -, perché ha piovuto molto in primavera. Oggi per affrontare i cambiamenti climatici occorre ripensare a nuove forme di allevamento e concepire le vigne tutte con una misura standard: 180 centimetri di altezza”.

Situazione di emergenza nelle zone del Bardolino. “C’è stress idrico – dice Matilde Poggi, de Le Fraghe in provincia di Verona -. Noi stiamo irrigando, ma lo facciamo solo in casi di necessità come questo. Qui da noi quasi tutti hanno il sistema di irrigazione”.


(Alessandro Dettori)

Caldo afoso e umido in Sardegna. “Ma non irrighiamo – dice Alessandro Dettori, di Tenute Dettori in provincia di Sassari -. Interverremo solo se le cose dovessere peggiorare e solo se ci fosse un reale rischio di perdere la pianta o il raccolto. Ma sarebbe opportuno un ritorno alle antiche pratiche agricole, quando le vigne non venivano irrigate per nessuna ragione al mondo”.

Da maggio non piove in Sardegna e le temperature hanno superato i 35 gradi. C’è stata una violenta grandinata che ha rovinato qualche vigneto. “Noi stiamo praticando le irrigazioni di soccorso – dice Valentina Argiolas delle Cantine Argiolas in provincia di Cagliari -. Utilizziamo un sistema altamente tecnologico che ci permette di dare la giusta quantità di acqua ai vigneti”.

(Valentina Argiolas – Ph Daniela Zedda)

Caldo record anche in Campania. In provincia di Salerno c’è la Tenuta San Francesco di Gaetano Bove: “Da noi non serve irrigare perché i nostri vigneti sono in collina – dice – Ma diciamo che ormai irrigano un po’ tutti, perché siamo diventati veri industriali e bisogna produrre milioni di ettolitri di vino. Senza irrigazioni non si raccoglierebbe nulla, ma solo nei terreni non predisposti ai vigneti. Noi non lo facciamo, ma in generale non sono contrario”.

In Calabria temperature sopra la media e rischio malattie per i vigneti: “La produzione dovrebbe essere costante per i rossi, un po’ meno per i bianchi – dice Stefano Coppola, di Tenute Ferrocinto a Castrovillari –. Non irrighiamo i nostri vigneti, anzi puntiamo a un ritorno alle antiche pratiche agricole”.


(Costantino Charrere, Les Cretes, Aymavilles, Aosta)

Irrigazioni obbligatorie invece in Valle d’Aosta: “Questo indipendentemente dal clima – spiega Costantino Charrere, Les Cretes, ad Aymavilles –. Il substrato del terreno è molto sabbioso e quindi è necessario irrigare i terreni. Senza questo supporto idrico sarebbe impensabile fare uve. Non sono contrario alle irrigazioni di soccorso, sono contrario alle forzature”.

Mario Ronco, enologo, ha forse il quadro più preciso della situazione, visto che divide i suoi impegni tra aziende del Sud e del Nord: “Irrigazioni? Dipende dalle Regioni. In Piemonte c’è stato molti più caldo che, per esempio in Sicilia, anche se le piante per adesso stanno tenendo bene, visto l’inverno e la primavera molto piovosi che Ci sono stati da quelle parti. In Toscana ci sono state delle violente grandinate che hanno causato pure qualche danno. In Sicilia, non c’è stato il vero caldo. Solo delle grandinate sull’Etna, con qualche danno ai vigneti ai piedi del Vulcano. In Liguria, le aziende sono molto attrezzate per la siccità, e molti hanno un sistema di irrigazione. Il problema è che i terreni, come in Valle d’Aosta per fare un altro esempio, non trattengono l’acqua. In generale io sono contro le irrigazioni. Ma un’irrigazione di soccorso, in casi straordinari e che serva a preservare la pianta ed il raccolto, allora va fatta. Ma, secondo me, la viticoltura di qualità si fa nelle zone dove non si irriga”.


(Matilde Poggi)

Anche sull'Etna il dibattito è molto interessante. Tutti cercano la qualità, le strade percorse, però, possono essere diametralmente opposte. Certo, la qualità del frutto resta il valore condiviso da tutti. Forse, quello che li divide, è una concezione “filosofica” dell’argomento.

“Nel rispetto di tre obiettivi, che sono la premessa di tutto, quello della rimuneratività del lavoro del viticoltore, del lavoro dei suoi collaboratori e del rispetto dell’ambiente, ci sono due grandi aspetti da valutare: un lato etico e un lato tecnico – dice Salvo Foti, enologo -. Cui, poi, se ne può aggiungere uno culturale. Il lato etico chiede di rispettare la natura, di evitare lo spreco di risorse importanti e la modificazione nella composizione dei suoli (l’uso di acqua di falda porta comporta una modificazione della composizione dei suoli). La preoccupazione/sospetto è – tra l’altro – che alcune modificazione climatiche in corso possano. Nel caso specifico dell’Etna, un approccio corretto evita la necessità di irrigare, la vite si autogoverna e mette in atto quelle strategie per 
cui troverà nel giro di breve tempo il giusto equilibrio”.

“I cambiamenti climatici in corso hanno toccato anche l’Etna, i microclimi del vulcano non sono più quelli di 50 anni fa – dice l’enologo Vincenzo Bambina -. Tra l’altro, il vulcano non è uniforme, vi sono zone sabbiose con strato sottilissimo dove sotto c’è subito roccia; questo non permette alcun accumulo d’acqua ovvero una condizione tale da potere la pianta instaurare un corretto equilibrio idrico. La situazione va quindi esaminata caso per caso, così come gli interventi di irrigazione. In linea di massima, basta un periodo medio senza precipitazioni che le piante entrano in sofferenza, anche sull’Etna. Il corretto processo di maturazione del frutto viene interrotto, questa è una situazione da evitare assolutamente. Invece, nei primissimi anni di vita di un nuovo vigneto (dove non c’è produzione), conviene senz’altro non irrigare per, stavolta sì, costringere la pianta ad assumere un comportamento corretto di ricerca dell’acqua negli strati più profondi del suolo. L’armonia della pianta e la sanità del frutto sono il valore da salvaguardare a tutti i costi, da questo dipende la produzione di vino di qualità”.