Gestita l’emergenza cimice asiatica, a mettere a repentaglio la produttività dei noccioleti del Piemonte è ora la cascola precoce, ovvero la caduta anticipata dei frutti a terra, non ancora maturi e talvolta nemmeno fecondati.
“La situazione quest’anno è disastrosa”, ci racconta il presidente del consorzio di tutela della Nocciola Piemonte Igp, Lorenzo Traversa. “È una cascola fisiologica dovuta a diversi fattori che possono essere ambientali, punture di insetto e mancanza di allegazione. Risultano dalle nostre ricerche nocciole non allegate che sono cadute a terra vuote. Sono tutti fattori di stress che influiscono”.
L’impollinazione della nocciola avviene infatti a gennaio, mentre l’allegazione avviene a maggio. Questo periodo crea il budello pollinico che feconda. “Le grandi piogge e la luce possono aver influito, perché si è ridotto il periodo di fotosintesi. La mancanza di freddo nel periodo invernale può essere una causa”.
Sul problema è al lavoro la Fondazione Agrion con il progetto di ricerca Nocciola Qualità, in collaborazione con l’Università di Torino.
Esistono infatti due tipi di cascola. Quella tradizionale è legata a un insieme di fattori quali scarsa o insufficiente impollinazione, squilibri nutrizionali e idrici, fattori patogenici o metereologici, punture di insetti, anomalie di tipo genetico, terreno inadatto. C’è poi la Brownstain Disorder, legata soprattutto a stress termici e luminosi dovuti al cambiamento climatico, come i periodi eccessivamente piovosi. In questo caso cadono dei frutticini ancora racchiusi nel loro involucro, con imbrunimenti sul guscio esterno dai quali a volte fuoriescono essudati di colore scuro, e all’interno i tessuti appaiono spugnosi e anneriti.
Il progetto di ricerca mira a individuare strategie innovative per fornire al comparto strumenti utili per poter ottenere produzioni che mantengano gli standard di qualità e quantità del passato. Le principali sfide, spiega Agrion, riguardano “l’impostazione di linee guida per il rinnovo degli impianti a fine ciclo e la loro corretta futura gestione, il contrasto ai fenomeni di stanchezza ed erosione del suolo, e lo svolgimento di accurate indagini sulla fisiologia e nutrizione della pianta per meglio rispondere ai cambiamenti climatici”.
Per esempio valutando “cloni e varietà più performanti per il territorio” e “gestendo le emergenti e nuove avversità in fatto di funghi e insetti mantenendo alta l’attenzione nei confronti della salute degli operatori e dell’ambiente”.
“Come arginare il problema? Con tecniche con coltivazione appropriate – dice ancora Lorenzo Traversa – ma molto è legato all’andamento climatico. La nostra è una varietà molto sensibile a tutto ciò. La produzione quest’anno sarà purtroppo molto bassa. La pianta giovane e forte subisce meno certe avversità, ma lo stress influisce in modo fortissimo”.