Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

No ai dazi, “ha funzionato la diplomazia europea, non la lobby del vino americana”

15 Febbraio 2020
per_art_scarci per_art_scarci


(Nicola Baldrigi, Ernesto Abbona e Giorgio Mercuri)

di Emanuele Scarci

Ha funzionato bene la diplomazia europea, non certo la lobby del vino americana.

Ha le idee chiare Nicola Baldrighi, presidente del Consorzio Grana Padano, sulla vicenda che ha condotto alla nuova lista dei prodotti soggetti a dazi pubblicata dall'amministrazione americana, come conseguenza della sentenza della Wto sulla vicenda Airbus (leggi questo articolo>). Il governo degli Stati Uniti ha deciso di aumentare dal 10% al 15% i dazi sugli aerei importati dall’Unione europea, ma senza imporre, per almeno 6 mesi, su vini, olio d’oliva e altri prodotti italiani i temuti dazi fino al 100%. “La visita in Italia del segretario di Stato statunitense all’agricoltura Sonny Perdue e la doppia missione di Phil Hogan negli Stati Uniti – spiega Baldrighi – hanno convinto gli americani a rinviare ogni decisione per 6 mesi. Entro l’estate però arriverà la decisione opposta sui presunti aiuti americani alla Boeing. Quindi la partita sarà bilanciata”.  

L’anno scorso sono state prodotte 5,2 milione di forme di Grana padano, di cui 2 milioni all’export e 400 mila verso gli Stati Uniti. La lobby americana del vino non è stata determinante pur avendo accusato la perdita di migliaia di posti di lavoro? “Queste sono cose difficili da stabilire, ma tenderei a dire che è stata efficace l’attività diplomatica italiana e soprattutto europea. E non è detto che per il vino la moratoria duri 6 mesi: il governo americano si è riservato di intervenire in ogni momento”. 

Perché la diplomazia ha funzionato per vino e olio e non per i formaggi. O forse se i dazi fossero scattati prima sul vino sarebbe stato diverso? “Non credo – replica Baldrighi –. Teniamo conto che gli americani a ottobre hanno tassato i formaggi italiani, i vini francesi e l’olio spagnolo. Quindi hanno toccato tre nervi vitali degli europei. E nessuno di questi 3 Paesi si è risparmiato nel mitigare gli effetti dei dazi”. Come hanno agito i dazi americani sui formaggi imposti lo scorso ottobre? “E una domanda difficile – risponde il presidente – perché gli importatori americani, in previsione della scadenza di ottobre e di febbraio. Hanno fatto grandi scorte di Grana padano. Tant’è che i finanziamenti che abbiamo chiesto alla Unione europea per promuovere i formaggi e contrastare i dazi degli Stati Uniti è stata sospesa: hanno risposto che, tranne per l’olio di oliva, non hanno evidenza che le esportazioni verso gli Stati Uniti siano calate”.   

E al Consorzio cosa risulta? “Un exploit del Grana padano verso gli Stati Uniti in settembre e un tracollo a ottobre, novembre e dicembre. A gennaio ci sarà certamente un dato formidabile perché gli importatori, temendo altri dazi a metà febbraio, hanno fatto incetta di Grana padano”. Quindi una partita ancora aperta? “Sì – conclude Baldrighi – anche perché sui prodotti a lunga stagionatura gli effetti si valutano a distanza di molti mesi. E questo vale anche per i vini: si portano a casa e dopo si vedrà”.

Intanto tutto il mondo del vino tira un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. “Il vino italiano sopravvive alla roulette americana del carosello – commenta Ernesto Abbona, presidente di Unione italiana vini – Tiriamo un sospiro di sollievo e prendiamo fiato almeno per 180 giorni, termine entro il quale il governo americano potrà nuovamente rimescolare le carte sui dazi”.

Per Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza cooperative agroalimentare, “quella che arriva dagli Stati Uniti è un’ottima notizia. Abbiamo scongiurato questo rischio che avrebbe creato non poche ripercussioni sulle nostre imprese vitivinicole, come sta invece accadendo per i cugini francesi, i cui vini sono stati inseriti a ottobre nella lista”. Ma i guai della guerra commerciale Stati Uniti-Europa sarebbero sorti anche per i vini italiani. Secondo l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor a dicembre 2019 l’export tricolore ha perso il 7% a valore rispetto al pari periodo dello scorso anno, con un -12% per i vini fermi. In questo circuito vizioso i produttori Ue segnano il passo, con la Francia che negli ultimi 2 mesi del 2019 ha perso sui vini fermi -36% e la Spagna -9%. Per contro, volano le forniture da parte del nuovo mondo produttivo, con la Nuova Zelanda che è balzata del +40% a valore e il Cile a +53%.