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Scenari

Nel 2026 uscirà il vino del Papa: “Ma non sarà possibile trovarlo in commercio”

21 Settembre 2024
Papa Francesco Papa Francesco

Sarà sicuramente benedetto il nuovo vigneto, per il Papa, messo a dimora dagli esperti dell’Università di Udine. Nei 20 ettari di terreni agricoli e nella fattoria del Pontefice, a villa Barberini di Castel Gandolfo, sono state impiantate le prime varietà resistenti alle malattie e al freddo. È stato il Vaticano ad incaricare i ricercatori dell’ateneo friulano, che hanno operato in collaborazione con l’Istituto di Genomica Applicata e i Vivai Cooperativi di Rauscedo. Da quindici anni fa, infatti, l’ateneo friulano è punto di riferimento europeo in questo tipo di ricerca, che ha già viabilità commerciale e conta vigneti resistenti in diverse regioni d’Italia e in tutto il mondo. Venerdì scorso una delegazione dell’università è stata ricevuta in udienza dal Santo Padre. Lui stesso ha definito il progetto “sintesi di tradizione e innovazione”. Ha detto Roberto Pinton, rettore UniUd: “Peter Lungher e Zironi sono stati anche incaricati di coordinare un gruppo di esperti internazionali che collaborerà a questo ambizioso progetto”.
Lavoreranno nella cosiddetta “Commissio de Fructu Vineae” del Borgo Laudato si’. Per il Pontefice, “un laboratorio” per promuovere la conversione ecologica, l’economia circolare e generativa e la sostenibilità ambientale, economica e sociale”.

Questo laboratorio, che vuole diventare un modello replicabile, è seguito da un organismo scientifico, il “Centro di Alta Formazione Laudato si’ “, che ha come obiettivo rendere concreti i principi contenuti in una enciclica papale. Proprio di questo gruppo di lavoro fanno dunque parte gli esperti dell’Università di Udine. Una bellissima esperienza, un grande riconoscimento per un progetto, tra l’altro, che ha visto forte sostegno, convinto, nel tempo da parte della Regione, Ministero, e coinvolgimento anche di importanti partner privati. La fattoria di Castel Gandolfo, nei pressi delle vigne, è stata voluta da Pio XI negli anni ’30; l’orto sorge sui resti della villa di Domiziano, mentre i primi uliveti furono impiantati nel 1200. “La vigna rappresenta un nuovo modello di sostenibilità realizzato attraverso l’uso delle più avanzate tecnologie – si legge in una nota del Centro di Alta formazione Laudato Si’ diffusa, all’indomani di una tavola rotonda, dall’ateneo friulano – attraverso un’attenta riconnessione con la bio-diversità e la cura dell’ecosistema per realizzare concretamente la dimensione dell’ecologia integrale”.

Nel progetto agricolo del Borgo, riporta un passaggio del discorso di Papa Francesco ai membri del Centro, “ha trovato posto lo sviluppo di una nuova vigna per la produzione di vino”. Vuole porsi come una sintesi di tradizione e innovazione, come si dice un “marchio di fabbrica” del Borgo.
Anche in questo, il Centro di Alta Formazione si è avvalso della consulenza di alcuni tra i maggiori esperti, perché l’intenzione è quella di puntare all’eccellenza. “Il vigneto si compone di due ettari e si trova all’interno della residenza estiva papale vicino ai Giardini Pontifici di Castel Gandolfo” disse in un’intervista al Gambero Rosso, Riccardo Cotarella. “Sono stati impiantati diversi vitigni, ma in prevalenza il vino sarà a base di cabernet sauvignon”. Una scelta ponderata, che prende in considerazione più elementi. “Quello di Castel Gandolfo è una zona splendida – continuava Cotarella – Ho scelto questo vitigno perché il vino prodotto riuscisse a esprimere al meglio il territorio. Pur essendo una zona vocata per i vini bianchi, ho voluto rifarmi alla mia esperienza con l’azienda Colle Picchioni di Paola di Mauro con cui ho esplorato le potenzialità di questo vitigno. Il vinovedrà un affinamento in botte di rovere e verrà imbottigliato nel 2026”, ma non lo si troverà in vendita perché le bottiglie saranno destinate esclusivamente al Vaticano.

La parola vino nella Bibbia viene citata ben 278 volte in 258 versetti, mentre la parola vite ricorre 141 volte in 135 versetti. Le “nozze di Cana” non a caso rappresentano il primo “segno” pubblico di Gesù come Figlio di Dio. Nella Liturgia il pane e il vino sono diventati per Cristo dei segni visibili di un pasto nel quale egli stesso diviene cibo e nel quale egli stabilisce la comunione dei partecipanti con sé e tra loro. “Fedele all’esempio di Cristo, la Chiesa ha sempre usato il pane ed il vino per celebrare la cena del Signore.” Il pane deve essere di frumento, fresco e azzimo. Il vino usato per la Messa è sempre stato in prevalenza rosso (per ragioni pratiche si è introdotto il vino bianco anche se il colore rosso evoca più le sembianze del sangue); deve essere tratto dalla vite, naturale e genuino; l’uva deve essere integra, non può essere aggiunto alcool di patate o riso. E d’altra parte Papa Benedetto XVI.si definì appena eletto “umile operaio della vigna del Signore”.